G8 di Genova, la Corte dei diritti dell’uomo respinge il ricorso dei poliziotti condannati per la Diaz
A 20 anni di distanza dal G8 di Genova, arriva la dichiarazione della Corte europea dei diritti dell’uomo sui ricorsi presentati dai poliziotti condannati per l‘irruzione alla scuola Diaz. «Alla luce di tutte le prove di cui dispone, la Corte ritiene che i fatti presentati non rivelino alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà enunciati nella Convenzione o nei suoi Protocolli». Di conseguenza le accuse mosse dai poliziotti per i fatti del 2001 «sono manifestamente infondate e il ricorso appare irricevibile». La Cedu di Strasburgo dunque rigetta il ricorso di Massimo Nucera, Agente scelto del Nucleo speciale del Settimo Reparto Mobile di Roma che dichiarò di aver ricevuto una coltellata durante l’irruzione nella scuola Diaz, e di Maurizio Panzieri, all’epoca dei fatti Ispettore capo aggregato allo stesso Nucleo speciale, che invece firmò il verbale di un accoltellamento che i giudici ritennero totalmente finto. Entrambi condannati a tre anni e cinque mesi, avevano fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo insieme ad Angelo Cenni e altri due colleghi, capisquadra del VII Nucleo 1° Reparto Mobile di Roma
«Nessuna prova di ingiusto procedimento»
Nel provvedimento riguardante Nucera e Panzieri la Corte riunitasi in veste di giudice unico ha ritenuto che i due abbiano potuto «presentare le loro ragioni in tribunale alle quali è stata data risposta con decisioni che non sembrano essere arbitrarie o manifestamente infondate. E non ci sono prove», ha continuato Straburgo, «che suggeriscano il fatto che il procedimento è stato ingiusto». Stesso giudizio anche per Cenni e colleghi, riguardo ai quali la Corte ha ritenuto che «i fatti presentati non rivelino alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà enunciati nella Convezione o nei suoi Protocolli». Come si legge nel documento di ricorso, per i poliziotti «la carenza argomentativa delle sentenze di condanna su punti fondamentali della vicenda fa ritenere che esigenze diverse da quelle squisitamente processuali hanno soggiogato i giudici italiani, tanto da ingenerare in loro la credenza che fosse preciso dovere attribuire a qualcuno la penale responsabilità di quanto accaduto». Queste e altre conclusioni però sono state ufficialmente respinte da Strasburgo e dichiarate «inamissibili», una decisione definitiva che non potrà essere più soggetta a ulteriori ricorsi.
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