Il segreto della longevità di Silvio Garattini: «Non prendo farmaci, salto il pranzo: bastano due biscotti»

Il fondatore del Mario Negri, 95 anni: a pranzo nulla, a volte una spremuta di frutta

Silvio Garattini, 95 anni, è il fondatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Oggi a Repubblica spiega il suo rapporto con le medicine: «Non ne prendo, a meno che non siano davvero necessarie». E quello con il cibo: «Due biscotti stamane a colazione. A pranzo nulla, a volte una spremuta di frutta. Dopo cena mi alzo da tavola con un leggero senso di fame, come consigliavano i nostri nonni. Carne rossa o alcol solo raramente, ma nel caffè un cucchiaino di zucchero lo metto volentieri. Nessuna privazione, mangiare poco diventa presto un’abitudine. Infatti al ristorante non riesco quasi mai a finire il piatto».


Senza sgarri?

Garattini dice che «uno stile di vita sano previene le malattie e contrasta il mercato dei farmaci. Come tutti i mercati, lui fa di tutto per espandersi e venderci più prodotti possibili. Un anziano oggi prende in media 15 medicine. La prevenzione, in questo senso, è una rivoluzione contro il mercato dei medicinali». Poi racconta il suo percorso scolastico: «Presi di corsa la maturità scientifica e mi iscrissi a medicina. Saper analizzare il comportamento dei farmaci all’interno dell’organismo mi aiutò. Non molto tempo dopo la laurea ebbi la cattedra all’università di Milano». Studiando il programma di latino da solo: «per entrare all’università all’epoca era necessario il diploma di liceo. Ma mi aiutò una giovane laureata che più tardi sarebbe diventata mia moglie. Abbiamo avuto 5 figli, ai quali si sono aggiunti 5 nipoti. A Natale siamo in trenta».


La nascita del Mario Negri

Poi spiega la nascita del suo istituto: «Dal Cnr nel 1957 avevo avuto una borsa di studio per gli Stati Uniti. Lì vidi che la ricerca poteva essere un vero mestiere. Noi all’università di Milano ce ne occupavamo a tempo perso, con fondi americani del piano Marshall. La burocrazia era pesante, mentre negli Usa si usava la forma più agile della fondazione. Quando Mario Negri, un gioielliere di via Montenapoleone a Milano interessato anche all’industria farmaceutica, vedovo e senza figli, venne da noi per l’analisi di alcune molecole, gli parlai della mia idea. Ero abituato ai no e ai sorrisetti di circostanza, così non mi stupii quando andò via senza dir niente. Alla sua morte, nel 1960, scoprimmo che ci aveva lasciato 100 milioni di lire, più le azioni della sua industria farmaceutica. L’istituto poteva nascere, indipendente dalla politica e con le regole di non brevettare e pubblicare tutti i risultati. Quella di Mario Negri non è stata l’unica donazione indimenticabile. Più di recente, una signora ci portava un assegno da mille euro a Natale. Quando poi nel testamento ci lasciò tutti i suoi averi – non più di 5mila euro – mi commossi».

I progetti per il futuro

Infine, spiega i suoi progetti per il futuro: «Cerco un equilibrio tra la consapevolezza che domani mattina potrei non esserci più e la voglia di fare progetti per i prossimi 10 anni. Ora lavoro a un istituto in Africa che selezioni alcuni laureati, gli permetta di fare un dottorato al Mario Negri e poi li faccia tornare a dare una mano nei paesi d’origine. Spero che i primi ragazzi riescano ad arrivare a Milano in autunno».

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