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Gender fluid: cosa significa e cosa succede in Italia

Le storie e le emozioni dei giovani italiani che non si identificano nei generi maschile e femminile

Gabe ha vent’anni e studia comunicazione all’Università Statale di Milano. Capelli corti,cardigan largoe due grandi dilatatori sui lobi.Il suo ragazzo preferisce non farsi inquadrare, ma non lascia mai la mano di Gabementreracconta la suastoria davanti a un caffè.«La nostra relazione non ha niente di diverso dalle altre, semplicemente io sono io,e a quanto pare a lui piaccio». Si sono conosciuti a Milano: Gabeè nato qui, il suo ragazzo è andato via dalla Puglia per studiare«e per essere me stesso, senza che gli altri mi giudichino in quanto transgender». Anche Gabesente di essere in transizione, mavuole essere definitogenderfluid: «Significa appartenere al genere non binario, che non è né uomo né donna. La fluidità è propria della mia identità», spiega. «Mi riferisco a me al maschile per non complicare troppo le cose con chi non conosce il concetto – aggiunge – ma in realtà la mia è una transizione in un generenon definito».

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Gabe, vent’anni, studente dell’Università Statale di Milano

Per tanti ragazzi come Gabe non sono solo il maschile e il femminile adefinire la propria identità di genere: c’è un “terzo genere”, unarealtà vissuta, da protagonista od osservatore, con sempre più naturalezzada chi ha meno di 25 anni. Gender fluid vuol dire non sentirsi rappresentati da entrambi i generi binari, è il rifiuto dell’appartenenza rigidaall’uno o all’altro.

In Italianon ci sono ancora dati statisticisu come rapporti e generi stiano cambiando alla luce della non binarietà. All’estero invece la discussione è avanzata. Celebre è la vicendadella fotografastatunitenseiO Tillett Wright, che nella Manhattan degli anni ’80, a sei anni scegliedi cambiaregenere sessuale convincendo maestri e compagni di scuola di essere un maschio. Aquattordici anni la sua identità femminile torna a emergere. Così, durante l’adolescenza, cominciaa sperimentare la fluidità, senza che i genitori le impedissero di esprimersi in piena libertà. Wrightnon si ferma alla sua ombra: decide di indagare le sfumature dellasessualità americana in un grande progetto fotograficoSelf Evident Truths: 9.083 foto-ritratti di americani a cui la fotografa ha domandato quanto sei etero?Nessuno, o quasi, ha risposto:100 per cento.

Storie come la sua stanno contribuendo a far conoscere l’esistenza di una maniera diversa di vivere l’identità di genere.Ma è la rete, secondo i racconti degli under 25, che rende naturalmente fluidi i rapporti. Elia, gender fluidche vive aSavona, ha incontratoproprio suinternetuna definizione per quelle che erano delle sensazioni senza nome. Non è il solo: ragazzi da tutta Italia trovanosublog e forum lo spazio per un confronto.

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Elia, trentun’anni, vive e lavora a Savona

«Penso che questo ricambio di ruoli sia giusto», dice Diletta, 21 anni, studentessa dell’UniversitàBocconi e originaria di Milano, e osservatrice dei cambiamenti di gusti e identità tra i suoi coetanei:«Credoanche che, a volte, crei un po’ di confusione. Ultimamente i maschinon rispecchiano più la definizione di uomo, anche dal punto di vista estetico». E la moda, aggiunge «ha contribuito ad appiattire il maschile sul femminile. Ad alcune piace, ad altre meno».

Sono propriole persone gender fluidche affermano di trovare sfogo nella possibilità di vestirsi e di apparire senza seguire i canoni estetici prettamente maschili o femminili.«Durante la fase di scoperta della mia condizione», racconta Elia,«non rinnegavo il fatto di essere una femmina, ma mi identificavo di più nei miei amici maschi. Portavo i capelli corti, sparati».

Nelle università e nei licei milanesi, le classiche etichette di genere e la definizione dei ruoli sembrano perdere importanza.«Quando mi definisco non ne faccio una questione di genere, né quando mi interesso a qualcuno», dice Ilaria, studentessa di lettere all’Università Statale. «Il cambio generazionale è sempre più veloce e anche le nuove generazioni hanno accelerato i processi di cambiamento», conferma Margherita, che studia all’università privata Sigmund Freud, dove segue FluIDSex, progetto che approfondisce sessualità e affettività. «Le relazioni si stanno modificando – conferma – e lo stanno facendo in maniera sempre più rapida».

Anche tra i giovani, però, c’è chi non è particolarmente contento della più diffusaconsapevolezza della fluidità di genere. Ad alcuni non piace il ribaltamento dei classici ruoli nelle relazioni.«Tutta questa libertà sessuale sta causando un po’ di problemi dal punto di vista degli equilibri di coppia», dice Maria Vittoria, milanese, studentessa della Bocconi.«Non ho mai avuto un ragazzo e non mi interessa averne uno per pochi mesi», continua,«credo sia problematico il fatto che l’uomo non sia più il palo portante della coppia, e che la donna non sia più la parte più dolce e carina».

Eppure Milanoè considerataoggi un“luogo privilegiato” per questi temi. La città della moda, del design e con una forte internazionalizzazione dei suoi abitanti è più incline a recepire i cambiamenti culturali degli altri Paesi.«Qui le relazioni non vengono vissute in base al genere o l’orientamento, ma dando importanza alle persone», dice Chiara, studentessa dell’UniversitàCattolica. «Ci si innamora di una persona, non del suo genere».

Milano «è un luogo di libertà. Sarebbe bello se fosse così nel resto d’Italia, ma c’è ancora molto da fare», dice Martu. La libreria Antigone di Porta Venezia, quartiere storicamente gay-friendly di Milano, è un po’ la sua secondacasa. È il primo negozio di libri cittadino specializzato nelle tematicheLGBTQ+ (sigla collettiva che sta per lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer e tutti gli altri che non si identificano nel genere binario). Martu, originariadi Monza, si è trasferita poco distante da qui, in piazzale Loreto, per motivi di lavoro.«Potendo, non mi inquadrerei un genere», dice Martu, nome scelto per la desinenza neutra.«Nel privato mi faccio chiamare Marta. Sto facendo la transizione al femminile, ma non per questo mi identifico nell’essere una donna».Si definisce piuttostogender queer, termine ombrello usato per indicarein generale chirifiuta la visione binaria del genere.

«A Trani non mi posso mica mettere la pelliccia!», conferma Marcello, studente gender fluid dell’Istituto Europeo di Design, che continua:«eppure un pezzo di tessuto è un pezzo di tessuto. Non ci sono tessuti da uomini e da donne». Marcello si è ambientato bene a Milano e non pensa di fare ritorno in Puglia:«Solo l’idea di mia nonna che mi chiede insistentemente se mi sono fidanzato, come mai indosso una collana, mi terrorizza».

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Marcello, diciannove anni, di Trani. Studia all’Istituto Europeo di Design a Milano

Nelle città italiane più piccole è difficile trovare la propriadimensione per esprimere l’appartenenza a un terzo genere.«Sono l’unica persona di genere non binario che conosco», dice Elia, trentenne che vive e lavora a Savona, mentre prepara un piatto di pasta al pesto. «Gli altrigender fluidcon cui ho parlatoliho incrociatisuYouTube e nei forum». Confrontarsi sucerti temi, in provincia, non è semplice. «Mio fratello pensa che sia un trans, in transizione dal femminile al maschile. Mia madre fa quel che può, ma riesce a chiamarmi Elia solo per iscritto, altrimenti usa il mio nome anagrafico femminile».

Per Alvaro – venticinque anni, impiegato a Milano nellostudio di fotografia di suopadre – il motivoè una paura irrazionale, difficile da sradicare,verso ciò che per secoli è stato ritenuto “non normale”.«C’è ancoratanta ignoranza: non è che poi per gli etero cambia qualcosa. I transgender o gender fluid come me continuerebbero a esserlo. Semplicemente vivrebbero peggio la propria vita, con molta più sofferenza».

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