Membri dell’opposizione ungherese vengono aggrediti durante le manifestazioni
Migliaia di manifestanti si sono raccolti la sera del 16 dicembre sera di fronte alla sede della televisione pubblica ungherese MTVA dopo che alcuni parlamentari dell’opposizione erano stati aggrediti dagli addetti alla sicurezza dell’edificio. I deputati volevano leggere in diretta una petizione in cinque punti contro la nuova legge sul lavoro promulgata dal Parlamento ungherese. Gli addetti alla sicurezza dell’edificio li hanno respinti con violenza, e uno di loro, László Varju, ha lasciato il luogo in ambulanza, ferito a una costola e a un ginocchio. “Non è normale che venga impedito a rappresentanti parlamentari di accedere a un edificio pubblico" ha affermato Varju in un'intervista ad Open, "e non è normale che la polizia assista a questo sopruso senza muovere un dito."
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Domenica, 15 000 manifestanti riempivano le strade di Budapest, coordinati dai sindacati e dai partiti di opposizione. Le manifestazioni erano cominciate mercoledì, quando il parlamento ungherese, dove Fidesz, il partito di estrema destra di Viktor Orbán, maggioranza, ha votato due leggi controverse. La nuova misura sul lavoro, definita “schiavista” dall’opposizione, porta a 400 le 250 ore di straordinario che un datore di lavoro può richiedere ai dipendenti. La legge triplica il tempo disponibile per pagare queste ore supplementari, aumentandolo da uno a tre anni.
Questa misura mira ad arginare una carenza di manodopera che caratterizza l'economia ungherese. La forte emigrazione di giovani lavoratori ungheresi lascia vuoti i posti creati dai capitali stranieri investiti nel settore manifatturiero. Questa asimmetria tra domanda e offerta è resa più critica dalle politiche anti-immigrazione di Orbán.
"La nostra risposta a questa legge è chiara: non vogliamo lavorare di più, vogliamo stipendi più alti", ci dice László Varju, membro del partito Demokratikus Koalíció, aggiungendo che le proteste proseguiranno la settimana prossima, prima che il presidente Janos Ader firmi la legge.
Lo stesso giorno il parlamento ha promulgato una misura che crea un sistema giudiziario parallelo controllato direttamente dal Ministero della Giustizia (quindi dal governo Orbán), che si occuperà di temi delicati come il diritto d’asilo o la corruzione. Il ministro della giustizia Laszlo Trocsanyi, molto vicino a Orbán, sarà responsabile di questi tribunali amministrativi, estendendo ulteriormente l’influenza del premier sul sistema giudiziario.
Il malumore dei cittadini contro queste decisioni si è velocemente trasformato in una contestazione generalizzata contro il governo di Orbán, generando la più grande manifestazione dal 2006, quando la popolazione era scesa in piazza contro uno scandalo di corruzione nel partito socialista, allora al governo.
“Finché gli attacchi erano diretti contro la libertà accademica o di pensiero i manifestanti erano molti meno” spiega ad Open Giorgia, studentessa a Budapest impegnata nella lotta contro l'influenza del governo sull’istruzione superiore. “Il fatto che abbia toccato le ore di lavoro ha risvegliato le coscienze degli ungheresi e ha fatto esplodere una frustrazione contro la svolta autocratica, che era già sotto gli occhi di tutti” aggiunge.
Il primo ministro ungherese non era stato finora quasi mai rimesso in discussione dai suoi elettori, che l’hanno scelto per la seconda volta questa primavera. Zoltan Kovacs, un portavoce del governo, ha affermato che le manifestazioni “non godono del supporto popolare” ma sono composte da attivisti “disperati”. La reazione del governo alle contestazioni potrebbe però porre il popolare campione dell'anti-europeismo e dell’anti-immigrazione per la prima volta in una posizione pericolosa.
A sedare i manifestanti contribuisce infatti la violenza della polizia ungherese nel contenere la protesta. L'aggressione ai deputati alla stazione tv si aggiunge infatti a ripetuti episodi di violenza che hanno caratterizzato le manifestazioni la settimana scorsa. Questa repressione è inedita in Ungheria: seppure le politiche di Viktor Orbán siano spesso andate in una direzione liberticida e anti-democratica (controllo dei media, riforme al sistema giudiziario ed elettorale), il governo non aveva infatti mai utilizzato prima la violenza contro gli oppositori.
"Qui la violenza poliziesca non è esistita negli ultimi 10 anni, la gente è molto sconvolta a vedere la polizia usare gas lacrimogeno e spray al peperoncino contro i manifestanti" ci racconta Alberto, dottorando a Budapest che partecipa alle proteste. E continua, "Verso mezzanotte, quando il grosso della gente se ne andava, i pochi manifestanti si spostavano dal Parlamento e organizzavano piccole manifestazioni spontanee. Lì la polizia reagiva molto duramente, accerchiava gruppi di 50 persone e non faceva andare via le persone se non si facevano filmare da una telecamera, che è una pratica illegale."
L’attacco ai deputati potrebbe essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, galvanizzando attivisti democratici, afferma Csaba Toth, intervistato dal New York Times. “Domenica è nata un’opposizione, domenica è nata una soluzione” afferma Sandor Ronai, portavoce del partito di opposizione Demokratikus Koalíció, e spiega ad Open come la vittoria di Orbán sia stata favorita da una frammentazione dell’opposizione, ma che da mercoledì gli oppositori al governo si siano uniti sotto un fronte comune.
Lunedì, il canale pubblico MTVA ha iniziato le trasmissioni mattutine senza menzionare le migliaia di manifestanti che la sera prima avevano circondato la loro sede. Una scelta coerente con la linea dei media pubblici ungheresi che in questi giorni hanno solo marginalmente coperto le contestazioni. Anche questa settimana, l'Ungheria rurale che compone la grande base elettorale di Orban si sveglia, forse senza nemmeno sapere che la gente a Budapest è per strada.