Restituiamo a Dj Fabo il diritto alla bellezza
Una mamma col suo bambino. Forse il soggetto fotografico più frequente, dai primi esperimenti in bianco e nero ai selfie di oggi. Ma questa non è un’immagine come le altre, come quelle di ogni album di famiglia. Quella mamma si chiama Carmen, il suo piccolo Fabiano.
Noi lo abbiamo conosciuto con un diminutivo, e soprattutto quando non c’era più. Se pubblichiamo questa foto di dj Fabo, andato a morire in Svizzera per porre fine a un’ingiustizia, è per restituire a un uomo morto giovane e a sua mamma il diritto alla bellezza.
È un fatto che per lui, Fabo, così come per Piergiorgio Welby, e per altri che si sono trovati rinchiusi in un corpo che non rispondeva più loro, la storia e l’informazione sono state crudeli. Le immagini del loro strazio sono diventate l’emblema di battaglie civili importanti. Per questo è giusto ricordare Fabo come era per chi l’ha messo al mondo e amato.
La Corte costituzionale aveva dato tempo fino al settembre 2019 al Parlamento per varare una legge sul fine vita e sul suicidio assistito. Una soluzione politica che non è arrivata. L’emozione e la spinta provocate dalla vicenda di dj Fabo – la cecità, la paralisi, la scelta di morire, il viaggio finale in Svizzera con l’aiuto a infrangere leggi inumane di Marco Cappato – si sono col tempo affievolite. Ma non tra i giovani.
E oggi, 25 settembre, la Consulta ha dovuto esprimersi, aprendo di fatto alla libertà sul suicidio assistito, senatori e deputati non possono più tirarsi indietro e prendere altro tempo per decidere. Una battaglia anche nel nome di quel soldatone di leva ritratto ancora accanto alla sua mamma, e caduto in difesa della dignità umana.
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