George Soros uomo dell’anno per il Financial Times
Qualcuno si è indispettito per un commento di Open su Soros, scelto dal Financial Times come persona dell’anno. Io invece l’ho trovato ben centrato. George Soros è la bestia nera degli antieuropeisti, dei nemici dell’immigrazione, dei sovranisti e dei filo-russi. Lo è anche degli antisemiti, per la sua religione di nascita. Ma queste categorie (a parte l’ultima – orrida – tutte legittimamente presenti sulla scena pubblica) non avversano Soros per il fatto di essere l’erede migliore di Altiero Spinelli, di Karl Popper o di Hannah Arendt. No, ne hanno fatto l’emblema di una finanza internazionale, rapace e ricchissima, che dall’esterno cercherebbe di condizionare la vita pubblica e gli orientamenti politici nelle varie comunità nazionali, secondo i propri interessi di omologazione ai canoni della globalizzazione. C’è qualcosa di lugubre in quelle caricature? Certo, e ci ricorda molto quelle vignette che nella Germania hitleriana e dintorni dipingevano spregiativamente i nemici come signori col cilindro, il naso adunco e le mazzette di dollari (demo-pluto-giudaico-massonici, per dirla con l’alleato più fedele del Führer).
Ma tutto questo non fa di Soros un santo, e tantomeno un martire. E non lo rende automaticamente il migliore degli amici. Ecco, pare a voi che dopo Emmanuel Macron, stella rapidamente offuscata, l’europeismo debba scegliere come baluardo un finanziere la cui sola ricchezza investita del fondo speculativo che porta il suo nome è valutata ad oggi, 21 dicembre, la bazzecola di 8 miliardi 300 milioni di dollari secondo la rivista Forbes? Ma come, obietterà subito qualcuno, Soros ha devoluto una gran fetta dei propri risparmi alla sua Open Society Foundation, impegnata nei paesi del centro e est Europa, al servizio degli ideali della democrazia liberale. Ecco, a me l’esportazione coatta di ideali in altri paesi democratici, a suon di dollari o di eserciti che sia, non è mai piaciuta. Se un Soros sovranista avesse tentato di imporre coi suoi miliardi idee antieuropeiste nei paesi dell’est come ne parleremmo?
Oggi in tanti piangono Antonio Megalizzi, sognatore europeista ucciso a 29 anni da un terrorista islamico in una delle capitali dell’Unione. Antonio era precario e ricco solo di ideali, voleva lavorare con noi di Open, non certo con la Open Society di Soros. E la sua figura, spezzata ma sempre nitida, ci dice molte più cose di quella del magnate diventato filantropo. Perché l’Europa ha bisogno di ideali e futuro, beni non commerciabili.