Diritto allo studio, un’occasione persa da dieci milioni di euro
7500 studenti. È questo il numero di una delle più incredibili anomalie dell’università italiana. Si tratta dei cosiddetti “idonei non beneficiari”, il tema è quello del diritto allo studio. Ma andiamo con ordine. Per ottenere una borsa di studio universitaria che può andare dai 1950 ai 5174 euro occorrono requisiti di reddito e di merito, diversi da regione a regione.
Il problema è che l’Italia è l’unico paese OCSE dove si può avere diritto ad una borsa ma non vedersela erogata. Come può accadere questo? Semplice, non ci sono le risorse. E così 7500 studenti universitari italiani si ritrovano a tasche vuote, con il solo vantaggio di vedersi azzerare le tasse universitarie. Vantaggio che non basta, pensiamo solo alle spese che deve sostenere un fuori sede.
Quello degli idonei non beneficiari è un tema di cui non si parla quasi mai, ma in questi giorni è tornato attuale. Infatti la Legge di Bilancio per il 2019 aumenta di soli 10 milioni di euro le risorse del Fondo Integrativo Statale (FIS), uno dei canali di finanziamento delle borse di studio.
10 milioni che non bastano ad eliminare il problema, possono al massimo ridurlo di circa 2000 persone. Il FIS è stato aumentato di 50 milioni nel 2016, di 6 milioni nel 2017 e di 20 milioni nel 2018. Si è quindi fatto molto negli ultimi anni e sarebbe bastato un finanziamento di 40 milioni nel 2019 per risolvere il problema.
Luca Galli, vice presidente del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), organo che ha messo nero su bianco questi numeri in un rapporto recente, mette sotto accusa il Bonus eccellenze per l’assunzione dei 110 e lode, per il quale vengono stanziati 50 milioni di euro per il 2019 e per il 2020. “Con la stessa cifra (50 milioni di euro)” – dice a Open – si riuscirebbero a finanziare più di 10.000 nuove borse di studio. Questo sarebbe il miglior incentivo possibile per i giovani”.
Ma il Fondo Integrativo Statale non è l’unico problema. Le borse di studio sono finanziate infatti anche da risorse regionali che dovrebbero essere (secondo il d.lgs. 68/2012) pari almeno al 40% dell’assegnazione relativa al FIS oltre che dalle tasse regionali sul diritto allo studio pagate dagli studenti stessi. Il problema però è che le regioni, anche le più virtuose, erogano molte meno risorse.
La Lombardia, ad esempio, tra le regioni con la copertura più alta, ha erogato 3,4 milioni di euro per le borse di studio, pari a meno del 20% di quanto stanziato dal FIS. Meno della metà di quanto previsto dalla legge quindi. In Emilia Romagna invece gli atenei sono dovuti intervenire con loro risorse per coprire i fondi mancanti.
Il risultato di questa situazione che può sembrare complessa è in realtà di una semplicità drammatica. Ci sono studenti che non possono frequentare l’università con serenità o terminare i percorsi di studi, nel paese con uno dei tassi di laureati più bassi d’Europa, perché non ci sono le risorse per pagare quello che è un diritto del quale hanno tutti i requisiti.
Il diritto allo studio viene negato. E questo è solo un problema nel problema. Infatti in Italia solo il 9,4% degli studenti universitari ha diritto ad una borsa di studio, in Francia il 40. Difficile parlare di investimenti sul futuro senza partire da una inversione di rotta su questi numeri.
In una manovra dove di giovani si parla poco o nulla e nella quale gli interventi per l’università si traducono in tagli alle assunzioni, risolvere il problema degli idonei non beneficiari sarebbe un segnale importante.