L’affannoso cambiamento della manovra del cambiamento
C'era qualcosa di surreale nella scena della manovra passata tra le proteste e i cori nel pieno della notte al Senato. Quel maxiemendamento, votato praticamente a scatola chiusa e col vincolo della fiducia, era spuntato fuori solo nel tardo pomeriggio dopo che era stato dato per prossimo all'approdo in commissione bilancio e poi nell'aula per giorni e giorni. Ma con una rapida scorsa era impossibile anche per i commentatori più benevoli non vedere che la manovra era diventata un'altra, che era stata modificata nei numeri fino all'ultimo, e proprio sulla scia delle indicazioni della Commissione Europea.
Ecco, quell'invincibile armata che si era presentata poche settimane fa davanti ai giornalisti e all'opinione pubblica giurando che quel 2,4% non sarebbe stato intaccato neanche di un millesimo, e sfottendo i membri della commissione, dal Presidente ubriacone al commissario anti-italiano, alla fine si è piegata alle dure leggi della convivenza europea. Perché questa ingloriosa ritirata? Perché nessun altro governo dell'Unione, dagli ipereuropeisti francesi ai supersovranisti ungheresi, aveva dato sponda alla pretesa italiana.
Anzi, tutti i nostri partner si erano pronunciati a favore dell'apertura di una procedura di infrazione che ci avrebbe creato guai a cascata. Quindi, via all'operazione illusionista del 2,4 che diventa 2,04 (introducendo un nuovo concetto: zero vale zero). E soprattutto via alla corsa contro il tempo per riscrivere il tutto in forma ridotta, salvando il salvabile e quanto si poteva delle due misure cardine, reddito e quota 100. Il resto è cronaca, il torneo verbale del Senato, le occupazioni simboliche dell'aula e il voto finale.
Se un simile spettacolo inglorioso fosse stato messo in scena dalla maggioranza dell'anno scorso, 5stelle e Lega oggi avrebbero sparato a palle incatenate dalle piazze contro un governo protervo e incapace, che prima fa lo sgarro e poi si fa dettare la manovra da Bruxelles. Invece succede ora, e la principale forza di opposizione – causa prima del successo elettorale dei suoi avversari – ha perso da tempo ogni contatto con le piazze, escluse quelle all'interno dei varchi d'accesso, dove abita il suo restante elettorato. E il principale elemento di consenso per l'attuale maggioranza – fragile nei contenuti e forte nel sostegno popolare – è proprio l'assenza di alternative, per il ricordo del passato recente.