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Brexit, scontro generazionale: i giovani scelgono “Remain”

27 Dicembre 2018 - 06:58 Giovanni Diamanti
A inizio gennaio YouTrend aveva analizzato per Open il voto giovanile su Brexit. Lo ripubblichiamo ora, dopo il no all'accordo

Negli ultimi anni nessun fenomeno elettorale ha fatto riflettere sul ruolo dei giovani nei processi politici più della Brexit. Innanzitutto, le prime analisi svolte subito dopo la vittoria del Leave del giugno 2016 puntavano il dito contro la presunta ridottissima partecipazione al voto degli elettori più giovani, quelli compresi fra i 18 e i 24 anni. Una rilevazione diffusa da Sky Data il giorno dopo il referendum diceva che l’affluenza in quella fascia di età era stata appena del 36%.

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La stima è stata poi rivista, alla luce del fatto che nel Regno Unito per votare bisogna essere registrati alle liste elettorali (e i giovani, che più spesso si trasferiscono da una città all’altra o da una casa all’altra per lavoro o studio, hanno la tendenza a mancare dai registri). Le stime più attendibili dicono che, insomma, al referendum di due anni fa parteciparono effettivamente meno giovani, ma con un tasso di partecipazione comunque superiore al 60%. Lo dimostra anche questo grafico, che mette in relazione la percentuale di giovani fra i 18 e i 29 anni sul totale della popolazione (asse orizzontale) e la percentuale ottenuta dal Remain (asse verticale): pur con tante differenze e specificità, le aree con più giovani avevano più probabilità di votare per restare nell’Unione europea.

Brexit, scontro generazionale: i giovani scelgono

È anche vero che, come osserva il Financial Times, il fatto che i giovani votino meno della media alle elezioni non è un fatto nuovo, è anzi la norma in tutte le elezioni politiche degli ultimi 50 anni.

Brexit, scontro generazionale: i giovani scelgono

E oggi? Dopo i lunghi negoziati, e con sullo sfondo la possibilità crescente di un nuovo referendum per tirare fuori dall’impasse la leadership politica britannica? Uno studio di YouGov dice che, potendo scegliere fra Remain, Deal (l’approvazione dell’accordo negoziato da Theresa May con l’Ue) e No Deal (la cosiddetta “hard Brexit”, l’uscita dall’Unione senza un accordo), più di 6 giovani su 10 sceglierebbero di revocare la scelta della Brexit, mentre più di 6 anziani su 10 preferirebbero comunque uscire dall’Ue, con o senza Deal.

Brexit, scontro generazionale: i giovani scelgono

Una netta linea di demarcazione anagrafica, quindi, segno di una differente identità “generazionale”. D’altronde, se analizziamo i valori che vengono associati al tema “Europa” dagli elettori britannici, notiamo come chi giudica positivamente il multiculturalismo, la globalizzazione e internet abbia votato in netta maggioranza per rimanere in Europa. Sono, quelli appena citati, valori ormai consolidati in buona parte dei giovani di oggi, che sono cresciuti in società multiculturali con la rete libera e la globalizzazione a rappresentare, più che una novità, un dato di fatto.

A confermare le posizioni più progressiste degli young voters inglesi sono state le elezioni generali del 2017: un voto in cui i giovani sono stati decisivi nel punire i Conservatori della Premier May, che hanno perso a sorpresa 14 seggi. Crescono, invece, e molto, i Laburisti di Jeremy Corbyn, trainati dal voto giovanile: il 40% nazionale diventa un impressionante 63% se consideriamo solo i voti degli elettori tra i 18 e i 24 anni, a fronte di un 24% dei Conservatives.

Altre ricerche hanno cercato di ridimensionare “l’onda socialista” sottolineando un contestuale calo dell'affluenza tra i giovanissimi e una crescita del Labour in quasi tutti i segmenti demografici, tuttavia nessuno contesta la netta prevalenza dei laburisti nel voto degli under 30.Un dato dovuto a diverse ragioni: in primis, l’Europa. Una ricerca ECREP – Opinium sottolinea come una quota importante di giovani (il 12% in più rispetto alla media nazionale) abbia utilizzato il voto per esprimere il proprio dissenso rispetto alla Brexit.

In secondo luogo, gli sforzi mirati sui segmenti giovanili: messaggi targetizzati, importanti investimenti nelle tecnologie digitali e una proposta forte di abolizione delle tasse universitarie. Sono infatti molti gli elettori tra i 18 e i 24 anni che hanno votato per sostenere il programma del partito, l’11% in più rispetto al dato medio nazionale.

In terzo luogo, il clima d’opinione, caratterizzato da frustrazione e voglia di cambiamento. Infine, il ruolo della leadership corbyniana: il leader dei Labour è stato molto discusso e criticato, ma ha indubbiamente impresso al partito una svolta radicale che ha attratto il voto e le militanze giovanili.

I giovani britannici, quindi, guardano più a sinistra e rimangono ancorati all’Europa e ai valori progressisti. Non c’è, tuttavia, un filo conduttore netto che collega tra loro i voti degli under 30 europei. Nella prossima analisi, infatti, ci concentreremo sull’Italia: sarà una conferma degli orientamenti progressisti dei giovani o segnerà un’inversione di tendenza?

Ricerca e visualizzazione dati a cura di Giovanni Forti

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