Arabia Saudita: cambi al vertice per rilanciare il ruolo di Riad
Salman bin Abdulaziz al Saud, il re dell'Arabia Saudita, ha ordinato venerdì 27 dicembre un rimpasto del governo. Tra i cambi al vertice più eclatanti quello del ministro degli Esteri Adel al-Jubeir, sostituto con Ibrahim Abdulaziz al-Assaf. Una decisione che molti hanno legato all'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Juberi è stato infatti uno dei maggiori difensori della posizione saudita, fornendo interpretazioni diverse e fuorvianti rispetto alla morte del reporter saudita. Un tentativo, da parte del Re Salman, di arginare le ultime azioni impulsive del figlio Mohammed bin Salman Al-Saud (MbS), considerato dal congresso statunitense il mandante dell'omicidio. Il caso Khashoggi ha fatto scatenare le reazioni della comunità internazionale verso Riad, la cui influenza nella regione sembra essere in discesa.
Ma la L'Arabia Saudita potrebbe ripartire dalla Siria. Il Paese aveva già promesso 100 milioni di investimenti a Washington per la ricostruzione del Paese. Gli interrogativi tuttavia restano: come può un Paese ai ferri corti con Damasco e in pessime relazioni con l’Iran, gestire la ricostruzione di un Paese nemico? Sin dall’inizio della guerra l’Arabia Saudita ha fornito consistenti aiuti economici all’opposizione siriana, e non ha mai nascosto la sua volontà di vedere rimpiazzato Bashar al-Assad con un leader più accomodante verso gli interessi sauditi.
ANSA |
La Siria – al cuore del Medio Oriente, con il suo accesso diretto al Mediterraneo, e confinante con Turchia, Iraq, Libano e Israele – è rotta fondamentale per chi vuole comunicare con il Levante. Lo sa bene l’Iran che dagli anni '80 ha fatto del territorio siriano il suo canale privilegiato per rafforzare l'alleanza con Hezbollah nel sud del Libano, grazie all’appoggio della famiglia Assad al rifornimento di armi al gruppo sciita libanese.
Un’alleanza che in questi ultimi 7 anni di guerra è andata rafforzandosi, permettendo a Teheran di guadagnare una significativa influenza nel Paese, proponendosi come interlocutore privilegiato per il presente e il futuro della Siria. Una posizione avallata anche dalla crescente presenza russa in Siria e nel resto del Medio Oriente. Putin e Rouhani sono partner strategici, un’alleanza che Riad, anche a seguito dell’accordo sul nucleare tra Teheran e Washington, ha cercato di contrastare avvicinandosi agli Stati Uniti di Trump.
Riad vuole combattere l’influenza iraniana e per farlo ha scelto la Siria. Ma se ogni coinvolgimento dell’Arabia Saudita si scontra con il potere della Russia, nel nord-est della Siria – nell’area a maggioranza curda – i giochi sono molto diversi: è qui che l’Arabia Saudita può avere voce in capitolo sul futuro della Siria, lontano dall’influenza russa e iraniana e con il benestare degli Stati Uniti. Nella zona sono, infatti, presenti diverse truppe saudite ed emiratine. La zona si trova inoltre in una posizione strategica per la presenza di importanti giacimenti petroliferi ed energetici che hanno attirato le mire di Abu Dhabi e i futuri investimenti di Riad.
Qatar e Iran dominano il mercato del gas nella regione, ma è l’Arabia Saudita insieme al suo alleato emiratino a gestire il mercato petrolifero. Investire in territorio curdo significa per Riad non solo rafforzare la divisione della Siria, ma escludere Turchia, Iran e Qatar da un importante hub energetico, e da futuri accordi con la Cina. Il nord-est della Siria è infatti territorio di transito privilegiato per il passaggio delle Nuove vie della Seta cinesi, il mastodontico progetto di Pechino per rafforzare i collegamenti e i rapporti commerciali con l’Asia centrale e l’Europa.
Già nel 2017 Pechino aveva annunciato un piano per l’investimento di 2 miliardi di dollari nella ricostruzione della Siria per consolidare le sue vie della seta, un piano che avrebbe visto l’Iran e la Russia in prima linea. Il suo corridoio levantino dopo Iraq e Iran passa necessariamente dalla Siria, che già ai tempi delle antiche vie della seta con la sua Palmira era punto nevralgico dello scambio di merci tra Europa e Asia.
Con questa mossa, in accordo con gli Stati Uniti che hanno lasciato campo libero a Riad, l’Arabia Saudita vuole prendersi il nord della Siria, per controbilanciare la crescente posizione iraniana in Siria e in Medio Oriente, diventando mediatore privilegiato per gli accordi con Xi Jinping.
Oltre all'Arabia Saudita i curdi potrebbero trovare un altro alleato inaspettato nella rivalità con la Turchia: le forze di Assad. Il ritiro di Trump ha aperto la strada a scenari improbabili: ovvero il riavvicinamento dei curdi a Damasco. La guerra in Yemen è inoltre costata a Emirati e Arabia Saudita consistenti sforzi economici a fronte di pochi successi sul terreno. In un Medio Oriente in cui Riad sembra aver perso influenza, anche a seguito del caso Khashoggi, con una tregua tra Damasco e la minoranza curda, i sauditi potrebbero aver trovato terreno fertile per riaffermare la loro posizione in Siria contro l'Iran.