Elizabeth Warren si è candidata alle presidenziali
Elizabeth Warren, senatrice dello stato del Massachusetts ed ex professoressa di legge a Harvard, ha annunciato la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti. Warren, nata a Oklahoma City nel 1949, è una veterana del partito democratico: le sue battaglie mediatiche con Trump (che la chiama “Pocahontas“) hanno avuto ampio risalto. Recentemente ha annunciato la formazione di un comitato esplorativo, che le permetterà di raccogliere fondi e appuntare ruoli fondamentali dello staff prima di iniziare ufficialmente la campagna elettorale.
La senatrice fa parte della generazione di democratici ultraliberal saliti alla ribalta durante le elezioni dei midterm, che hanno portato un nuovo influsso di giovani, donne e minoranze a Washington. Le sue posizioni ferme contro Wall Street le sono valse l’appoggio della base democratica più radicalmente di sinistra, e l’hanno portata a schierarsi contro decisioni del suo stesso partito durante l’amministrazione Obama.
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Le sue tendenze politiche e la dialettica anti-Wall Street si riflettono nella video-candidatura che ha postato su Twitter. Parlando dalla cucina di casa, ripercorre la sua infanzia in Oklahoma, soffermandosi su temi da sempre cari alla sue battaglie politiche. Il messaggio centrale riguarda la classe media americana, che Warren vede come sistematicamente sotto attacco, in particolare di banche, corporation e dell’intera struttura economica degli Stati Uniti: “Possiamo fare in modo che la nostra democrazia lavori per noi tutti. Possiamo fare in modo che la nostra economia lavori per noi tutti.”
La candidatura della senatrice arriva in un momento difficile per il partito democratico, alla ricerca spasmodica di un candidato che abbia la forza politica, ma anche mediatica, di far fronte a Trump nel 2020. Per le primarie democratiche i media americani si aspettano più di dieci candidati; tra i nomi più quotati: Joe Biden, vicepresidente di Obama, e il senatore Bernie Sanders, candidato alle primarie del 2016 .
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Le battaglie della senatrice contro le istituzioni finanziare americane e la corruzione politica sono molto care agli elettori delle primarie, ma meno gradite all’elettorato generale. La sua intransigenza l’ha portata avere dissidi interni con il suo partito, elemento che non ha mai aiutato nessun candidato alle primarie (come ben sa Bernie Sanders).
Le sue posizioni politiche e il fervore con cui le esprime l’hanno anche fatta diventare un bersaglio facile dei repubblicani, che la considerano un’accademica liberal troppo distaccata dalle complesse realtà finanziarie internazionali. In un’elezione in cui l’immagine mediatica è tutto, portarsi come bagaglio dei fronti già aperti – come la sua supposta ascendenza nativo-americana – è una zavorra notevole.
Comunque vadano le cose, questa prima candidatura potrebbe condizionare l’evolversi di tutta la campagna presidenziale dei democratici. I diritti delle minoranze non spariscono, ma torna alla ribalta la classe media, e l’opposizione forte alla deregolamentazione dei mercati – i prossimi candidati, che lo vogliano o meno, dovranno fare propri queste problematicità.