Cina, iPhone e riparazioni: cosa significa il crollo di Apple
Apple continua a perdere in Borsa. Il colosso americano ha bruciato 446 miliardi di dollari di capitalizzazione in 3 mesi, più del valore complessivo di Facebook.Dopo aver superato i mille miliardi di dollari ad agosto, oggi la compagnia vale circa 682 miliardi. Il crollo è una conseguenza della revisione delle stime per il 2019: Apple ha ricalcolato i guadagni per il quarto trimestre, passando da 89-93 miliardi a 84 miliardi di dollari.È la prima revisione dal 2002.
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Rivolgendosi agli investitori, l'amministratore delegato Tim Cook ha indicato come causa principale il rallentamento dell'economia cinese. In realtà, questa non è che la prima di varie cause concatenate: il rallentamento ha sì impedito di vendere un numero sufficiente di iPhone in Cina, maquesto deficit non è stato colmato dagli upgrade nei mercati consolidati. In sintesi, meno persone del previsto hanno comprato cellulari Apple in Cina, e più persone del previsto negli Stati Uniti e in Europa hanno tenuto modelli vecchi invece di acquistarne di nuovi.
Questo ha reso evidenti due problemi strutturali della compagnia: la dipendenza dalla vendita degli iPhone e dal mercato cinese. Secondo Cook i problemi di Apple- azienda cheha registrato una crescita del 19% nei settori diversi dalla telefonia – sono dovuti alla scarsa vendita di iPhone in Cina: un solo prodotto, in un solo mercato.
Il fantasma Nokia
Tuttavia il crollo di Applepotrebbe non essere l’inizio di una crisi irreversibile: è inevitabile che un colosso economico abbia perdite colossali. Ma nel campo della telefonia, essenziale per Apple, la competizione di Google e Samsung è sempre più agguerritae le distanze sempre più ridotte. L'azienda di Cupertinoè ben lontana dal rischiare la fine di Nokia, ma è ragionevole pensare che le vendite di iPhone caleranno ancora, specialmente in un mercato congestionato. Di conseguenza i mercati emergenti, come Cina, India e Brasile, sono un fattore vitale per le compagnie tecnologiche occidentali.
Se la salute di una delle più grandi compagnie del mondo è così inestricabilmente legata all’economia cinese, quali saranno gli effetti complessivi di una frenata che Robin Li, amministratore delegato di Baidu, il Google cinese, ha chiamato “il lungo inverno”? Pechino deve risolvere una situazione delicata. Tra 56 giorni finiràla tregua commerciale con gli Stati Uniti: se non ci sarà un compromesso, a marzo arriveranno dazi molto pesanti.
Due mesi prima dei possibili dazi, la debolezza della Cina ha già iniziato a colpire le esportazioni di altri Paesi asiatici (Corea del Sud, Singapore e Taiwan i Paesi più esposti). Molti analisti avevano già previsto il rallentamento dell'economia cinese, necessario per trasportarla fuori dall'industria e nel settore terziario. La salute dei mercati occidentali richiede che sia lenta, regolare e controllata.