L’alleanza (possibile o no) tra Cinque Stelle e Gilet gialli
Quindi Luigi Di Maio lancia un ponte verso i gilet gialli francesi, identificandone la spinta anti élites e contro i partiti tradizionali con quella che ha portato in nove anni il m5s a essere la prima forza politica italiana. L’intento è chiaro: trovare una sponda europea dalle potenzialità elettorali enormi in vista del voto di maggio, battere un sentiero diverso anche se non alternativo rispetto alla rete sovranista dell’alleato Salvini, e rivendicare il diritto di primogenitura attraverso l’offerta ai gilet jaune della piattaforma Rousseau (peraltro già provvidenzialmente francofona nell’intestazione).
I punti di contatto tra i movimenti sono evidenti quanto a contenuti e scelta di rappresentanza di quel popolo che si sente fregato dal corso della crisi rispetto all’establishment. Ma c’è una differenza sostanziale, che rende problematico il rapporto: i gilet francesi nascono con una protesta dal basso, diventata fortissima e forse maggioritaria anche per il fatto di non avere capipopolo.
Il MoVimento – come ben sappiamo – fu concepito dall’alto, da un grande trascinatore di masse e da un visionario del web, che plasmarono quella forza magmatica secondo scelte e svolte dettate dal monitoraggio continuo delle tendenze e delle pulsioni. Lo stesso nome del movimento fu deciso dal vertice, come le figure su cui incentrare l’azione politica in parlamento e ora nel governo.
Scelte quasi tutte vincenti, ma a partire appunto dall’accettazione comune di una doppia leadership fondativa, di cui non a caso è passata di padre in figlio la parte più innovativa e vincente, appunto quella piattaforma che oggi Di Maio offre in dote ai gilet d’oltralpe.