Banca Carige, cosa sta succedendo? L’intervista a Stefano Caselli
Cosa ha portato Banca Carige sull’orlo del crac, con una grande, oscura incertezza sul domani? L’incertezza, appunto. «Il commissariamento è positivo ed è collegato al fatto che nella banca non c’era più chiarezza, soprattutto fra gli azionisti, sul percorso da intraprendere». Abbiamo intervistato Stefano Caselli, prorettore per gli Affari internazionali e professore di Economia dell’Università Bocconi. Attraverso le sue risposte e la spiegazione degli ostici termini finanziari, proviamo noi a fare un po’ di chiarezza.
Ma prima, un brevissimo riassunto di ciò che è successo negli ultimi giorni.
Le tappe
-Il 22 dicembre 2018 l’assemblea dei soci boccia l’aumento di capitale da 400 milioni. L’aumento di capitale è un’operazione straordinaria per una società: per ottenere più liquidità, la società emette nuove azioni o aumenta il valore nominale delle azioni esistenti. I nuovi titoli sono offerti agli azionisti in proporzione alle azioni che già possiedono.
-Il 2 gennaio 2019 la maggioranza dei membri del cda di Carige si dimette in seguito al mancato aumento di capitale che avrebbe tamponato la mancanza di risorse della banca. Scatta così il commissariamento: la Banca centrale europea ha nominato tre commissari straordinari e un comitato di sorveglianza che sostituiranno il Consiglio d’amministrazione. Il Meccanismo di vigilanza unico è il sistema europeo di vigilanza bancaria che comprende la Bce e le autorità di vigilanza nazionali. È nelle competenze della Bce dunque il ricorso a misure correttive e di vigilanza per salvaguardare la solidità di tutto il sistema bancario europeo.
-Il 7 gennaio 2019, dopo tante dichiarazioni contro banche, salvabanche e banchieri, il governo Lega-M5S ha varato un decreto legge che indica interventi e intenti per salvare la banca ligure. «Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio» è il titolo del testo approvato dopo una riunione lampo di dieci minuti.
Allora professor Caselli, facciamo ordine: ci spiega cosa comporta tutto ciò?
«Il commissariamento è un termine che può mettere paura o angoscia perché è un fatto ovviamente non comune. In realtà in questo caso è stata una mossa molto saggia che mette in sicurezza la banca e soprattutto i clienti. L’azionista principale si era opposto a un ulteriore aumento di capitale e non c’era più una comunione di intenti: il rischio era che la banca andasse a sbattere. Il commissariamento permette ai commissari di agire nel mero interesse della banca».
Quali saranno i compiti che aspettano i commissari?
«Il loro mandato è chiaro: dovranno cercare un’altra banca che compri Carige, una banca che permetta di risolvere definitivamente il problema. Non avendo più gli azionisti una voce in capitolo, sarà più facile per i commissari trovare un compratore possibile. Ed è l’unico epilogo possibile in questo momento».
Dopo la Bce che ha disposto il commissariamento, è intervenuto anche il governo. Perché?
«Ho visto un tweet di Renzi in cui dice che questo esecutivo ha fatto una mossa saggia. Sono anch’io sono su questa lunghezza d’onda. Il governo ha fatto la scelta giusta: ponendosi come garante dei titoli emessi da Carige, nel caso la banca debba raccogliere denaro, è chiaro che sia la banca che i sottoscrittori si potranno muovere con maggiore serenità. Quando una banca è in difficoltà, il problema più serio è che non riesce più a raccogliere le risorse. Avendo una garanzia dello Stato, la banca è più tranquilla, appare più tranquilla e riesce a raccogliere più risorse. Nell’interesse della banca ma soprattutto dei suoi clienti».
Nel decreto si paventa la possibilità di ricapitalizzazione pubblica.
«La ricapitalizzazione è un evento estremo. L’aspetto essenziale è la garanzia sui titoli che è stata data. È prematuro parlarne l’8 gennaio: potrebbero essere sufficienti la garanzia data dal governo e l’intervento dei commissari che possono lavorare per cercare un compratore. È chiaro che il tema della capitalizzazione, a mio giudizio, si porrebbe soltanto se nei prossimi mesi il compratore non saltasse fuori o se la situazione si aggravasse. Adesso, non voglio fare l’ottimista, ma credo che ci siano le condizioni affinché si vada verso un’acquisizione di Carige da un’altra banca».
Quindi il suo giudizio sull’iter seguito è positivo?
«Bisogna essere pragmatici: quello che non condivido dell’attuale governo è l’atteggiamento nei confronti delle banche. Le banche non sono una brutta cosa, non sono il male: sono l’infrastruttura che consente al paese di funzionare, è un dato di fatto, non un’opinione. Poi, come tutti i pezzi della società possono sbagliare, in qualsiasi settore succede, e chi sbaglia deve essere punito. Bisogna fare dei distinguo però: tante banche in situazioni gravi, dal 2010 al 2013, hanno continuato a finanziare l’economia italiana. Va ricordato. Le banche sono una struttura portante del Paese. Ora, di fronte a una banca che rischia di fallire causando danni enormi ai cittadini e alle imprese, io ritengo assolutamente giusto, nel perimetro della legge, far sì che lo Stato si possa attivare per salvare quella banca. È giusto e doveroso. Anche se all’ultimo minuto, la notte del 7 gennaio in un Consiglio dei ministri, il governo ha fatto quello che doveva fare. Poi ovvio, fa sorridere perché l’esecutivo in passato ha criticato pesantemente chi aveva salvato le banche. Quando ci si trova nella posizione di dover decidere, bisogna fare il bene delle imprese e dei cittadini. Sarebbe un disastro, per clienti, aziende e per l’Italia intera il fallimento di una banca».
Brevemente, cosa ha portato la Carige verso il precipizio?
«Una sequenza di cose. Mala gestio, ma su questo si esprimerà la magistratura. Un tema di Npl, i Non-Performing Loan (vedi il glossario a fine articolo), e un modello di business ormai vecchio: la Carige negli anni novanta è cresciuta tantissimo, con grandi meriti, ma nell’ultima fase ha rinnovato poco il suo business. Il mercato oggi è molto difficile e queste tre cose sono sufficienti a far andare male una banca».
Vede delle analogie con la crisi del Monte dei Paschi e delle banche venete?
«Ogni storia è diversa. L’unica analogia possibile tra le venete, Monte dei Paschi e Carige è che stiamo parlando di banche che si sono trovate in profonda difficoltà. Ma restano storie molto diverse. Monte dei Paschi è una banca di grandi dimensioni che ha avuto due gestioni che hanno lavorato molto duramente per risanarla, la gestione Profumo e Viola e l’attuale gestione Morelli. È una banca che avuto interventi di management di altissima qualità e che sta progressivamente risanando la banca. Il caso delle venete è molto differente: erano banche molto più piccole, erano banche in cui la clientela è stata chiamata a sottoscrivere aumenti di capitale, erano banche che non avevano proprio più la forza di andare avanti. Si trattava di due banche arrivate al capolinea ed è stato inevitabile il loro acquisto. Carige è una storia ulteriore, è di medie dimensioni che avuto un serissimo problema di gestione. Vedremo cosa farà la magistratura. È una banca che non è così grande da poter provare ad uscire dalla crisi da sola come Monte dei Paschi, non è così piccola da dover essere comprata subito come le venete. Poi le diatribe tra gli azionisti non hanno giovato alla banca, con un’assenza di continuità nel management e poca stabilità, che Monte dei Paschi invece ha avuto. Il grande merito del commissariamento è togliere gli equivoci. Saggia anche la scelta di mettere tra i commissari l’attuale coppia di vertice, una scelta di grande buon senso»
Glossario
Commissariamento. Nel caso di Carige, secondo la Banca centrale europea, il commissariamento è un provvedimento «proporzionato a fronteggiare l'attuale grave situazione del soggetto vigilato», la cui situazione di liquidità «si è dimostrata molto sensibile a episodi di crisi della governance interna e alla percezione del mercato». I commissari hanno pieni poteri: convocano assemblee, cercano irregolarità, sistemano i bilanci e trovano la soluzione per garantire la sopravvivenza della banca, anche attraverso l'acquisizione da parte di un altro istituto.
Azioni o titoli. Le azioni sono le singole parti unitarie in cui è diviso il capitale delle società per azioni. Il titolare di un'azione, quindi, possiede un "pezzetto" della società, con tutti i diritti e gli oneri. Servono per finanziare l’attività della società, in questo caso della banca Carige. L’azionista è a tutti gli effetti un socio che partecipa all’attività economica della società e, in caso di crollo dei titoli, è soggetto a perdite.
Garanzia di Stato sui bond. Si tratta di un’operazione di Emergency Liquidity Assistance o Ela. Sono operazioni straordinarie di finanziamento concesse alle banche in crisi temporanea di liquidità. Nel caso di Carige, chi acquisterà i titoli dell’istituto a partire dal decreto legge, vedrà il proprio investimento garantito dalla Banca d’Italia.
Npl o non-performing loan. Sono i crediti deteriorati delle banche. Nello specifico, si tratta dei prestiti la cui riscossione è considerata a rischio sotto diversi profili. La Banca d’Italia suddivide gli Npl in tre categorie: esposizioni scadute, inadempienze probabili e sofferenze. Le esposizioni scadute sono dei crediti scaduti o che eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una determinata soglia di rilevanza. Le inadempienze probabili sono il gradino successivo, quello in cui la banca ritiene improbabile che il debitore adempia interamente ai propri obblighi contrattuali, a meno di azioni dell’istituto di credito come l'escussione delle garanzie. Infine, le vere e proprie sofferenze, sono crediti verso soggetti in stato di insolvenza. Nel caso di Carige le sofferenze furono segnalate dagli ispettori di Bankitalia già nel 2013: sono state la causa degli aumenti di capitale che si sono succeduti durante la gestione dei Malacalza. Molti Npl della banca ligure sono ancorati a beni immobili da ipotecare: per questo restano i 3 miliardi di crediti deteriorati di Carige restano comunque appetibili.