Dopo la censura il controllo: la nuova fase della guerra russa al rap
“Io canterò la mia musica, la musica più onesta e leale”. Dmitry Kuznetsov, in arte Husky, stava intonando queste parole dal palco improvvisato del tettuccio di una macchina, quando la polizia lo ha tirato giù e lo ha portato in una cella. Husky aveva deciso di opporsi in questo modo alla cancellazione – l’ultima di una lunga serie – di un suo concerto nella città di Krasnodar, nella Russia meridionale. “Ho reagito così perché mi sentivo in debito con le persone, con chi aveva comprato il biglietto ed era venuto lì per ascoltarmi. Ero in dovere di esibirmi per il mio pubblico e così ho fatto”, ha detto poi davanti al giudice del tribunale che lo ha condannato a 12 giorni di carcere per “teppismo”.
Il giorno prima della cancellazione del concerto a Krasnodar, in un altro locale nella città di Rostov-na-Donu, per bloccare l’esibizione dello stesso Husky, le autorità avevano spento l’elettricità e avevano impedito l’ingresso a una parte del pubblico. Ma il rapper non si è dato per vinto e ha cantato a cappella per tutta la serata. Husky è convinto che le sue canzoni non piacciano alle autorità perché ci sarebbero “parole aggressive” e “riferimenti al cannibalismo”. Il servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa (Roskomnadzor) ha deciso persino di rimuovere un suo video da YouTube.
Le esibizioni di Husky non sono le uniche a essere state ostacolate dalle autorità: prima di lui altri due rapper sono stati fermati e decine di concerti annullati. Già a dicembre 2017 il capo della sicurezza di Volgograd aveva cancellato il concerto del cantante Aleksandr Zaharov, noto come “Face”. “L’esibizione influirebbe in modo negativo sul pubblico per questo va annullata”, è la motivazione che il capo della sicurezza ha dato agli organizzatori dell’evento dicendo che le canzoni del rapper “incitano all’utilizzo della droga”.
Una sorte condivisa con i rapper Ic3peak, Egor Kreed, Allj e Friendzone che si sono visti cancellare all’improvviso le date delle loro esibizioni. Nel caso in particolare di Friendzone, un gruppo molto popolare in Russia, a indispettire le autorità non sono state le canzoni, ma il manifesto di un loro concerto. E in particolare una parola contenuta sulla locandina: “vpiska”, un termine dello slang russo che si traduce in italiano più o meno con “bordello”.
La cancellazione dei concerti non è l’unica arma che le autorità hanno adottato nella “guerra al rap”, ci sono state anche delle limitazioni per quanto riguarda le esibizioni. Per esempio in alcuni casi l’ingresso è stato concesso soltanto a un pubblico maggiorenne oppure alcune volte sono state vietate canzoni contenenti parolacce. Il caso di Husky è stato quello più eclatante: il suo arresto ha scatenato diverse polemiche.
Alcuni sui “colleghi” rapper hanno organizzato per lui un concerto di solidarietà a Mosca. E sul caso è intervenuto anche Aleksej Navalnyj, il principale oppositore del presidente russo Vladimir Putin: “Vogliono tapparci la bocca, dobbiamo combattere per la libertà”. Husky è stato rilasciato dopo 4 giorni dei carcere, ne avrebbe dovuti scontare 12. Secondo il telecanale russo Rt a fare pressioni sulla sua scarcerazione sarebbe stato proprio il Cremlino.
“Se è impossibile fermare qualcosa, devi prenderne il controllo. Come controllare il rap e guidarlo nella direzione necessaria, è questo il tema più importante”, ha detto Putin lo scorso 15 dicembre intervenendo sulla questione. Un concetto che il Presidente russo ha ribadito durante la conferenza di fine anno il 20 dicembre all’International Trade Center di Mosca. Parole, quelle di Putin, che hanno provocato scalpore, sia in Russia che fuori dai confini della Federazione. A livello internazionale la Cnn ha dedicato un reportage alla vicenda di Husky dal titolo: “La guerra di Putin al rap unisce gli artisti russi”. Ma ne hanno parlato anche The Guardian, The New York Times, Abc, Business Insider e altri media.
In Russia si è ipotizzato che si volesse creare un “rap di Stato” e che l’intenzione delle autorità fosse quella di censurare i testi delle canzoni. “Penso che bisognerebbe occuparsi dell’educazione, cambiare il sistema dell’istruzione. Invece qui vedo un mucchio di conservatori impegnati ad accusare artisti, rapper e le persone in generale di qualcosa che loro non sono stati in grado di risolvere”, ha scritto su Instagram il cantante Ptaha che ha partecipato alla “tavola rotonda” indetta dalla Duma, la camera bassa della Russia, con alcuni rapper. “Forse le nostre autorità hanno paura di quello che cantano le persone, ma loro cantano la verità”, “Non dobbiamo avere paura, dobbiamo agire”, hanno detto alcuni ragazzi intervistati da Afisha Daily fuori dal primo concerto che Husky ha tenuto a Mosca dopo la scarcerazione.
Di recente il celebre giornalista russo Dmitry Kiselyov ha voluto rappare il suo discorso durante il programma di fine anno sul canale Rossija 1 e ha detto: “Metteremo gasdotti nelle vostre sanzioni”. Una decisione insolita visto che il cronista è noto per le sue posizioni vicine al Cremlino e per essere un convinto conservatore antieuropeo. L’esibizione non è sfuggita a Max Seddon, corrispondente in Russia del Financial Times, che ha twittato: “Avendo fallito il tentativo di distruggere il rap in Russia, i funzionari del Cremlino stanno chiaramente tentando di ucciderlo diventando rapper loro stessi”.