Il reddito di cittadinanza riuscirà davvero a partire il 1° aprile?
Il reddito di cittadinanza partirà il primo aprile, o almeno questa è l'intenzione del governo. A breve, probabilmente mercoledì 9 gennaio, il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare il decreto dedicato alla misura, che poi andrà convertito in legge in sede parlamentare entro un massimo di 60 giorni. Nonostante le intenzioni, però , difficilmente il reddito di cittadinanza riuscirà davvero a partire il primo aprile, numerosi sono i problemi di tipo organizzativo e burocratico che andranno risolti nel giro di brevissimo tempo.
Stando alla bozza del decreto diffusa pochi giorni fa, la misura partirà il primo aprile e coinvolgerà 1.437.000 nuclei familiari per un totale di 4.559.579 di potenziali beneficiari e un costo pari a 6 miliardi e 110 milioni per l'anno 2019 (6,5 miliardi contando la proroga del Rei per i primi mesi in cui non sarà operativo il reddito di cittadinanza).
Nella nota allegata alla bozza del decreto sul reddito di cittadinanza si legge:
Il programma del RdC è gestito da una pluralità di soggetti: Centri per l’impiego (CPI) e Agenzie per il Lavoro (ApL) che stipulano il Patto per il Lavoro con il beneficiario, gli Enti di formazione bilaterale e gli enti interprofessionali che stipulano il Patto di Formazione con il beneficiario. Anche le aziende possono accedere al programma in due modi: offrendo lavoro e accedendo agli incentivi, e stipulando un Patto di Formazione e offrendo formazione al beneficiario in cambio di incentivi. Alti soggetti potranno in futuro accedere al programma nelle medesime modalità. Il beneficiario stipula il Patto per il Lavoro sia con il CPI che con ApL, e si rivolgerà al primo che gli offre lavoro o formazione.
Gli enti coinvolti dal progetto saranno vari: i centri per l'impiego, l'Anpal (l'istituzione governativa che attualmente si occupa della ricollocazione dei disoccupati) le agenzie per il lavoro, gli enti di formazione bilaterale e gli enti interprofessionali per la parte relativa alla stipula del cosiddetto "Patto di lavoro" o "Patto di formazione". Infine, l'Inps per quanto riguarda l'erogazione materiale dell'assegno mensile. Ma saranno in grado di gestire la mole di lavoro che il reddito andrà a creare? Avranno abbastanza personale da impiegare nella gestione delle istanze di richiesta che verranno presentate dai milioni di potenziali beneficiari?
A quanto sembra, difficilmente sarà possibile: secondo Maurizio Del Conte, presidente dell'Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, manca ancora l’intera infrastruttura tecnologica e questo piano non è definito dal decreto.
Contattato da OPEN, il presidente Del Conte ha spiegato:
«Ci sono due aspetti del reddito da considerare, il primo è quello dell'erogazione del sussidio economico che sarà delegato all'Inps e alle Poste, sembra di capire. Il secondo aspetto, invece, è legato all'attivazione per il beneficiario di un percorso che chiama in causa le strutture per le politiche attive. Ecco, qui è l'anello debole della misura: Anpal ha già avuto modo di rilevare sul campo in dettaglio i fabbisogni e i deficit infrastrutturali dei 550 centri per l'impiego in Italia che già oggi in buona parte non riescono a erogare le ordinarie attività di supporto ai disoccupati ed è dunque evidente che si aumenta la platea e si richiede un percorso ancora più impegnativo da parte del percettore, ebbene allora è chiaro che ci dovrà essere una struttura potenziata altrimenti quella attuale non sarà in grado di reggere il carico».
Secondo lei questi 4.000 navigator, che accompagneranno chi riceve il reddito e cerca lavoro, per i quali sono stati stanziati 250 milioni possono essere risolutivi?
«Al netto del fatto che bisognerebbe chiarire che cosa sono i navigator e spiegare quale funzione hanno, in quale snodo della rete dei soggetti delle politiche attive si collocano – se nei centri per l'impiego o altrove – credo che il punto sia che manca tutta la struttura che possa far lavorare i navigator. In altre parole, queste 4.000 persone devono avere un luogo fisico dove lavorare e dove ricevere gli utenti, devono avere della strumentazione digitale e informatica adeguata e disporre di informazioni che ancora oggi purtroppo risiedono in diversi sistemi, in diversi territori e sono frammentati tra i vari centri per l'impiego regionali. E' un po' come riempire una nave di ufficiali, ci vuole anche la truppa però».
Nel decreto sembra non esserci una pianificazione dell'infrastruttura tecnologica che dovrà essere predisposta per permettere agli enti di lavorare.
«Ecco, questo secondo me è un punto chiave. Nella bozza sono indicate due cose: le misure finanziarie messe a disposizione, questi famosi 250 milioni di euro per i navigator, e una serie di oneri posti a carico del beneficiario che dovrà collegarsi alla banca dati e partecipare a dei corsi, ma non si capisce però chi dovrà erogare questi corsi, chi prenderà in carico i beneficiari e complessivamente manca un piano che indichi le risorse necessarie per costruire la banca dati informatica, per rendere possibile che i dati vengano effettivamente caricati. Noi per esempio abbiamo già un portale nazionale per le politiche attive messo a disposizione dei centri per l'impiego, ma è importante che venga riempito di informazioni e queste informazioni risiedono in diverse amministrazioni. Mancano anche le offerte di lavoro, perché oggi le imprese mettono in minima parte le proprie offerte sul portale. Al momento questo piano non esiste, poi può essere che ci sarà un decreto bis, ma io al momento non sono in grado di dirlo».
Un'ultima domanda: secondo lei il 1° aprile riuscirà a partire il reddito di cittadinanza?
«Secondo me il primo aprile potrebbe essere il giorno in cui probabilmente sarà possibile far arrivare a un certo numero di richiedenti il beneficio, ma altra cosa sarà garantire ai richiedenti i servizi di avviamento al lavoro di cui si parla ed è evidente che non ci sono i tempi tecnici».
Luigi Oliveri, dirigente Ente Veneto Lavoro, ha spiegato a OPEN che nella bozza del decreto di cittadinanza mancano tutte quelle norme applicative che di fatto permetterebbero ai centri per l'impiego di operare materialmente:
«I centri per l'impiego non sono strutturati a gestire milioni di disoccupati. Già gestiscono circa 3 milioni di disoccupati e sono in affanno, aumentare la mole di lavoro non è sostenibile. I famosi navigator non si sa nemmeno quanti saranno. Nella bozza sia della stabilizzazione dei precari dell'Anpal sia di 250 milioni di euro disponibili per l'attività di navigator : al momento non sappiamo che cosa faranno né se lavoreranno in Anpal o nei centri per l'impiego. Anche vengano assunti da Anpal servizi, come ipotizzato da Del Conte, ci dobbiamo rendere conto che queste persone dovranno essere coordinate e formate e hanno bisogno di un luogo fisico di lavoro, tavoli, sedie e pc. Dove li mettiamo? Le sedi dei centri per l'impiego sono molto carenti informatico e della logistica. Se un centro per l'impiego è pensato per dieci persone e a un certo punto le persone diventano 30, questi non avranno fisicamente un luogo in cui lavorare. Poi c'è tutta un'incognita relativa al sistema informativo, non si sa ancora come materialmente i dati necessari verranno condivisi, manca il piano. Sostanzialmente il primo aprile sarà impossibile riuscire a erogare i servizi connessi al reddito di cittadinanza. Con tutta la buona volontà di questo mondo, senza entrare nel merito del provvedimento, mancano le valutazioni di impatto che come al solito non sono state fatte. C'è la lancia ma non c'è il cavallo. Si pensa che con un click domani tutti quanti potranno partire, ma non è così».
E le agenzie del lavoro sono pronte? Secondo Antonio Bonardo, Public Affairs Senior Director di Gi Group (azienda privata che si occupa di selezione del personale) le agenzie non avranno alcun problema a gestire l'intermediazione dei lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza, ma potranno lavorare solamente se le politiche attive gestite dai Centri per l'impiego funzioneranno.
Contattato da OPEN, Bonardo ci ha spiegato:
«Noi siamo pronti in qualsiasi momento, il tema è se avremo la possibilità di conoscere questi lavoratori che avranno diritto al reddito di cittadinanza e se avranno i requisiti disponibili per essere intermediati o assunti a tempo indeterminato. Noi entriamo in campo sia come eventuali datori di lavoro, cioé potremo assumere i beneficiari e avere diritto a uno sgravio contributivo, oppure come intermediari, dunque per segnalare i profili migliori alle nostre aziende clienti la quale poi procede ad assumerlo a tempo indeterminato. Per cui, noi siamo pronti come siamo pronti da due anni a fare l'assegno di ricollocazione. Il problema è capire se il lavoratore riuscirà a giungere a noi dopo aver fatto tutto il percorso che la legge prevede, quindi che sia andato al centro per l'impiego per la valutazione e abbia avuto risposta. Dare soldi è facilissimo, il problema è vedere se poi la politica attiva funziona e tenga conto che la politica attiva in Italia non si è mai realizzata dall'origine ai giorni nostri. Come possa essere credibile che da aprile ci sia in campo una politica attiva, insomma…»
Stando alla sua conoscenza dei centri per l'impiego, secondo lei saranno pronti ad aprile?
«Assolutamente no, non è fattibile. Io lavoro in questo settore da vent'anni e le posso dire che non ho mai visto funzionare nulla di ciò che lo Stato italiano ha proposto come politica attiva del lavoro. Mai visto funzionare la borsa lavoro, gli incentivi per i privati della finanziaria 2009, l'assegno di ricollocazione, mai una sola politica attiva organizzata dallo Stato italiano. Ne ho vista una sola, la dote unica, organizzata dalla Regione Lombardia. Poi, questa è una politica nazionale dello Stato ma le politiche di attivazione sono regionali. Di conseguenza, non abbiamo un sistema informativo unitario perché il sistema informativo di una provincia non dialoga con quello di un'altra, ognuna ha il suo. Già solo uniformare i sistemi informativi per permettere il dialogo tra le amministrazioni richiederebbe molto tempo e molti investimenti. Quindi no, per il primo aprile è materialmente impossibile che ci siano delle politiche attive. Poi ci saranno regioni, come la Lombardia, che già in passato ha operato bene, che probabilmente riuscirà a fare qualcosa, ma al Sud, dove la disoccupazione è molto più alta e le organizzazioni sono più impreparate, dubito si riuscirà a gestire la mole di lavoro in tempi brevi».
In sostanza, ascoltando i pareri degli attori coinvolti dal progetto emerge chiaramente un dato: i centri per l'impiego non sono pronti a gestire la mole di richieste che a breve arriverà. La mancanza di informazioni dettagliate nonché di una pianificazione a livello tecnologico e informatico difficilmente – anzi, quasi sicuramente – permetteranno un'efficiente partenza del reddito di cittadinanza il prossimo primo aprile dal punto di vista delle politiche attive per i disoccupati. Per quanto riguarda invece l'erogazione degli assegni ai beneficiari, l'Inps ha dichiarato a OPEN che si riserva di commentare successivamente, almeno dopo l'approvazione del decreto in Consiglio dei ministri: «Sicuramente meno tempo a disposizione avremo, più difficoltà ci saranno. Al momento, però , senza una norma definitiva, non possiamo dire altro».
Contattati per un commento sul tema i sottosegretari al Lavoro Pasquale Tridico e Claudio Cominardi, non si sono resi disponibili a rilasciare dichiarazioni.