La televisione ha paura degli influencer della rete?
È sempre difficile riuscire a far comunicare due generazioni, specialmente se quella vecchia arranca, incapace di comprendere i trend, le nuove tendenze, i modi con cui oggi i ragazzi possono con una webcam nella cameretta, attirare folle di ragazzini, giocando con videogame sempre più complessi, mantenendo la concentrazione mentre chiacchierano coi fan in tempo reale.
Quanto è successo recentemente a Mirko Alessandrini in arte CiccioGamer89, ospite di Mai dire talk, della Gialappa’s Band, rappresenta pienamente questa difficoltà di comunicazione tra i due mondi. Si tratta solo dell’ultimo caso in cui uno youtuber non si è trovato nelle condizioni di poter interagire alla pari coi grandi dell’altro mondo.
Eppure nella puntata andata in onda lo scorso 29 novembre non è avvenuto nessun agguato. Se agli occhi dei fan di Mirko ci sono stati dei momenti “cringe”, ovvero imbarazzanti per chi guarda, questo è stato dovuto al fatto che la comicità televisiva della Gialappa’s non è riuscita a rendere partecipe e complice l’ospite, che si è trovato invece a dover incassare una serie di colpi, come spiega Alessandro Masala da anni conduttore su YouTube del format di approfondimento Breaking Italy. Assieme a lui Riccardo Vessa (WesaChannel), Nicola Palmieri e Mario Palladino (Qdss) hanno accettato di raccontare a Open come vedono il difficile rapporto tra vecchi e nuovi media.
Alessandro Masala (Breaking Italy)
Si potrebbe dire che CiccioGamer è stato “bullizzato” in televisione?
«Non c’era intenzione di bullizzarlo nel senso classico del termine, la comicità della Gialappa è stata sempre quella. Ho rivisto me stesso che li guardava da ragazzo tanti anni fa, è sempre stata così. Da come hanno strutturato la cosa mi ha fatto ridere il fatto che lo abbiano messo al centro di un’arena, senza farlo parlare, anche perché lui in verità non ha fatto il minimo sforzo per cercare di essere un po’ più protagonista. Comprensibile perché sei lì con le luci, la Gialappa, la gente; ti prendono in giro e ovviamente sei in imbarazzo, se normalmente fai video da solo in una stanza è tutta un’altra cosa col pubblico davanti. Quindi non gliene faccio una colpa.
Sì, lo volevano un po’ prendere in giro, ma senza cattiveria. Non come youtuber in sé, ma come lo youtuber che si trova gettato lì. Simona Ventura ci ha fatto la sua carriera su queste cose, ricordo come la facevano a pezzi inizialmente, poi è riuscita a galoppare questa cosa, diventando la Ventura che conosciamo. Tutta questa indignazione che c’è stata sulla Tv che teme il web secondo me lascia il tempo che trova».
Riccardo Vessa (WesaChannel)
Gli influencer rappresentano al meglio quelle che sono le potenzialità della rete, permettendo di realizzare spazi di intrattenimento stando a casa, mediante attrezzature di base, tagliando tutta una filiera fatta di manager, produttori e varie gerarchie che invece troviamo nei media tradizionali. Le piattaforme del web permettono inoltre di generare contenuti fruibili in qualsiasi momento, senza sottostare a palinsesti, tutto questo a costi notevolmente ridotti e senza dover sottostare ai capricci di qualche dirigente. Ma sussiste anche un problema di comunicazione tra questi due mondi, che difficilmente riescono ad avere rapporti di reciproca convenienza, come spiega a Open Riccardo Vessa (WesaChannel), filosofo e opinionista di YouTube.
Perché la tv dovrebbe temere gli influencer del web?
«Sono due mondi che comunicano poco perché funzionano in modo molto diverso. Il mondo degli influencer funziona in modo molto più amatoriale anche per la costruzione della carriera. Non è così importante il ruolo degli intermediari, almeno nella fase iniziale in cui ci si costruisce una base di pubblico, è molto più home made. L’influencer in realtà ricopre più ruoli, da un punto di vista professionale cura più cose del suo progetto, rispetto a una persona che lavora in televisione.
Forse c’è un tentativo da parte dei vecchi media di aspettare che passi questo periodo, facendo finta di nulla e pensando che la bolla rientri, invece si tratta di un trend irreversibile, quindi c’è un’incomprensione reciproca, anche perché i grossi nomi che lavorano in Tv, sia davanti alla telecamera che dietro, hanno tendenzialmente un’eta per cui alla fine non sono così tanto utilizzatori di internet».
Anche chi vorrebbe capire arranca, non capisce
«C’è probabilmente un’impressione che chi viene da internet sia molto meno dotato, filtrato attraverso criteri di bassa lega, molto poco qualitativi e quindi non c’è molto rispetto per le figure che escono da internet, tuttavia c’è bisogno di queste figure, sempre più».
Sembra una visione piuttosto superficiale: passa soprattutto chi fa rumore col trash e vengono ignorati divulgatori della portata di Bressanini, Masala e Quei due sul server (QDSS).
«Secondo me non c’è una differenza da un punto di vista del trash, questo lo troviamo online come in Tv, da sempre. La televisione fa ancora parlare di sé, è ancora argomento di discussione su internet , ci sono trasmissioni che hanno una grande risonanza online: Sanremo, Le Iene, X Factor; ci sono prodotti ben pensati per essere virali su internet, però a parte qualche rara eccezione, non c’è l’interesse ad approfondire e a conoscere gli influencer. Credo che sarà solo questione di tempo, se le nuove generazioni sono così poco propense a sottostare a un palinsesto, ci sarà prima o poi una “sostituzione”.
Piattaforme come YouTube e Netflix consentono una fruizione legata ai tuoi tempi, al recupero di vecchie trasmissioni, tutte queste cose in Tv non ci sono e vengono fuori generazioni che non sono più abituate all’appuntamento fisso da rispettare. La fruizione adesso è molto più nelle mani dello spettatore, la produzione è sempre più nelle mani dell’influencer, tutti gli apparati burocratici della Tv risultano completamente inutili. Anche i grandi influencer hanno i loro manager, ma sono molto snelliti. Forse alcune produzioni televisive lottano per la sopravvivenza, quindi hanno bisogno di delegittimare la concorrenza online».
Nicola Palmieri (Redez) e Mario Palladino (Synergo) di “QDSS”
Oggi un ragazzo in gamba con una attrezzatura minima può crescere da sé, senza dover cercare figure che “aprono le porte” ai talentuosi. Se prima i ragazzi sognavano di diventare delle rockstar, oggi sono gli influencer l’esempio a cui far riferimento. Ne sanno qualcosa Nicola Palmieri e Mario Palladino, rispettivamente Redez e Synergo del canale Qdss (Quei due sul server), divulgatori di una nuova arte che fonde assieme narrativa ed elementi agonistici, tanto da poterne fare in alcuni casi una disciplina sportiva, ovvero i videogame.
È possibile quindi essere degli youtuber a livello professionale?
«Noi siamo partiti prima come pubblicitari e poi come youtuber. Abbiamo fatto pubblicità anche nelle reti televisive più conosciute prima di diventare youtuber. Abbiamo cominciato quindi in anni non sospetti, in cui YouTube era una piattaforma che non spaventava. Noi eravamo al di fuori della piattaforma, se non con canali un po’ più professionali. Siamo stati tra i veterani di questa piattaforma. Ci stiamo da sei anni ormai, abbiamo conosciuto tutta la vecchia guardia, parte di essa l’abbiamo anche aiutata a crescere con l’attrezzatura.
Quando siamo arrivati su YouTube noi venivamo da un mondo totalmente differente – quello della pubblicità – quindi avevamo già attrezzatura semi-professionale. Facevamo video molto “terra-terra”, anche se utilizzavamo già dei buoni microfoni. Rispetto agli altri partivamo già con una qualità esagerata rispetto a chi utilizzava una webcam o una videocamera integrata al computer. Eravamo subissati di domande all’epoca da parte dei colleghi, oggi avere una attrezzatura di un certo livello e imparare a usarla per gli youtuber non è più difficile. Quando entrammo su YouTube passammo prima per una fase di studio. Inizialmente facevamo video per far ridere gli amici. Poi abbiamo iniziato a fare degli studi sul pubblico, per capire cosa piacesse agli utenti della piattaforma. Questo ci ha permesso di crescere piuttosto velocemente».
Ci sono stati influencer che sono riusciti a “uscire” da YouTube?
«Siamo cresciuti con la piattaforma in tanti modi differenti. Abbiamo visto tanti youtuber andare fuori dal web, mettendo in standby il canale per lavorare in televisione. Due esempi: iPantellas e Willwoosh. Tante persone della televisione vista la popolarità degli youtuber hanno pensato di portarli in Tv. Ma si è trattato di un errore. Arrivi a snaturare lo youtuber – un personaggio di per se verace – rispetto anche alle tempistiche televisive, coi loro orari serrati».