Ucciso il sindaco polacco che accoglieva i migranti: chi era Paweł Adamowicz
«Ci sono, di certo, gruppi di cittadini a Danzica che sostengono che la sicurezza debba prevalere su qualsiasi necessità di accogliere rifugiati. La maggioranza, però, comprese le autorità della città, sostiene che accettare rifugiati e migranti porti benefici economici e culturali». Così scriveva circa un anno fa Paweł Adamowicz, il sindaco di Danzica ucciso il 14 gennaio.
Non c’è nessuna prova che il suo omicidio avesse un movente politico. L'aggressore ventisettenne, con precedenti penali, era probabilmente affetto da problemi psichici. Il sindaco di Danzica era considerato un oppositore di Jarosław Kaczyński, il leader del partito di destra "Diritto e Giustizia", e secondo l’UNHCR, aveva già ricevuto lettere minatorie per la sua attitudine «pro rifugiati».
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Danzica è stata storicamente un luogo aperto e combattivo, culla della rivoluzione democratica che ha liberato i Balcani dal regime comunista. Quarant’anni dopo, Danzica è di nuovo pioniera nell’affrontare un problema regionale. Questa volta la rivoluzione l’ha fatta nel modo di affrontare i flussi di migranti e rifugiati che approdano in Europa in cerca di una vita migliore. La sua rivolta è stata aprire le porte. Adamowicz è stato il capitano di questa nave per gli ultimi vent’anni, portando Danzica a diventare un modello di integrazione. Adamowicz non solo credeva che accogliere gli stranieri portasse dei vantaggi, ma era anche convinto che il processo con cui una società integra i migranti dica molto sulla società nel suo complesso.
Attivisti polacchi protestano contro l'immigrazione
La storia di Adamowicz è saldamente intrecciata a quella di Danzica. Nel 1988 aveva attivamente partecipato agli scioperi e alle proteste sindacali che hanno spinto l’Unione Sovietica a riconoscere il movimento dei Solidarność che ha avuto un ruolo centrale nel porre fine al regime comunista polacco e in tutta l'Europa centrale. Nel 2014 gli è stata conferita la Croce per la Libertà e la Solidarietà per premiare la sua opposizione democratica al regime durante gli anni del Comunismo.
Dopo aver nel 2015 riunito 150 rappresentanti di 70 istituzioni pubbliche per determinare i principali bisogni della comunità immigrata, Adamowicz ha sviluppato nel 2016 il «modello Danzica». Si tratta di un programma di integrazione di migranti e rifugiati. L’idea fondatrice è che l’integrazione debba farsi in modo infra-settoriale e interdisciplinare. Non basta creare un dipartimento che si occupi di integrazione: la questione merita di essere inserita tra le priorità di ogni campo d’azione della pubblica amministrazione (sociale, culturale, educativo). Un consiglio consultivo di tredici persone, tra cui due rifugiati, è incaricato di tenere il sindaco costantemente informato sulle questioni che riguardano l’integrazione.
Questo modello è stato esportato in altri centri urbani polacchi, che, come spesso accade, rimangono isole liberali quando il mare diventa conservatore. A Danzica vivono 460 mila persone, tra cui 25 mila rifugiati e migranti. Per la maggior parte vengono da paesi dell’ex Unione Sovietica, come la Cecenia, ma anche dalla Siria e dal Ruanda. «Spesso i rifugiati si riversano in città che sono intrinsecamente multiculturali, microcosmi di un mondo sempre più globalizzato. Le città che accolgono migranti potrebbero imparare moltissimo l’una dall’altra ed è molto incoraggiante vedere che altre città stanno adottando il modello di Danzica», ha commentato Volker Türk, assistente all’alto commissario dell’UNHCR per la Protezione, che si è occupato anche di sviluppare il global compact sui rifugiati. «I sindaci hanno un ruolo cruciale nella creazione di una risposta più olistica, robusta ed inclusiva alla situazione globale dei rifugiati».
Fuori da questo network di città globalizzate e multiculturali, le campagne polacche hanno votato per Diritto e Giustizia, partito conservatore, e l’hanno portato alla vittoria. Se per Adamowicz i rifugiati portavano competenze e cultura, Jarosław Kaczyński, leader del partito di governo, ha affermato che gli immigrati portano «ogni sorta di batteri». Non ricevendo alcun sussidio dal governo per le politiche di integrazione, Adamowicz aveva affermato “è la nostra politica, la nostra responsabilità, il nostro rischio.”