In ricordo di Giulio, finiamola di farci prendere in giro dall’Egitto
Oggi Giulio Regeni compirebbe 31 anni. E in quel condizionale c'è tutto quello che sappiamo. Giulio si è fermato al ventottesimo compleanno. 10 giorni dopo, al Cairo, fu fermato da uomini quasi sicuramente dei servizi segreti egiziani, rapito, torturato, ucciso. Tre anni sono un'enormità per avere un almeno un granello di giustizia. Eppure neanche quel granello abbiamo avuto. Tre anni, tre governi, tante missioni al Cairo, tante parole di impegno del presidente-generale elSisi, tanti gesti che dovevano forzare la situazione, come il richiamo dell'ambasciatore, tante rassicurazioni, una commissione congiunta dei magistrati delle procure delle due capitali.
Ma alla fine, in capo a questi tre anni non abbiamo nulla in mano, se non la sensazione ben precisa di essere stati raggirati dalle autorità egiziane. È un'ombra di vergogna che copre tutta la politica italiana che, senza eccezioni, si è rivelata incapace di cogliere e dare forza a un sentimento che saliva dalla sua comunità e che ancora si può leggere negli striscioni sulle facciate delle scuole, delle università e dei municipi italiani "Verità per Giulio Regeni". Il presidente Mattarella, il premier Conte, il procuratore Pignatone conoscono ormai, ciascuno per il suo ruolo, una semplice ma pesante verità: che l'Egitto non ha collaborato, e il non averlo fatto costituisce il più diretto indizio a carico delle sue autorità. È giunto il momento di farsi rispettare, costi quel che costi.