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L’intervista di Open a Marta Siciarek, fondatrice con Pawel Adamowicz del «modello di Danzica» per l’integrazione

15 Gennaio 2019 - 18:45 Emma Bubola
Chi era Pawel Adamowicz, cosa succederà all'isola di democrazia e accoglienza che aveva creato? Open ha intervistato Marta Siciarek, direttrice dell’Immigrant Support Center. 

Pawel Adamowicz lottava per i diritti delle minoranze in una Polonia dove per le minoranze spazio ce n’è sempre meno. Ed è stato ammazzato, su un palco di un concerto, pugnalato al cuore. Marta Siciarek aveva creato con lui il sistema di integrazione di migranti e rifugiati che l’ha reso celebre in tutto il mondo. Insieme hanno capito che per l’integrazione non basta dare consigli legali ai richiedenti asilo. Hanno affrontato la questione in modo sistemico, ponendo l'integrazione al centro di ogni settore della pubblica amministrazione: sociale, culturale, educativo. Chi era Pawel Adamowicz e cosa succederà all'isola di democrazia e accoglienza che aveva creato? Open ha intervistato Marta Siciarek, direttrice dell’Immigrant Support Center di Danzica.

Chi era Pawel Adamowicz e cosa rappresentava nella Polonia di oggi?

Pawel rappresentava un catalizzatore di diversità. Aveva questo profondo amore cristiano per l’altro e per il diverso che lo spingeva a lottare contro ogni tipo di discriminazione. Omofobia, Anti-semitismo, razzismo. La sua battaglia raccoglieva le rivendicazioni di tutte le minoranze. E lo faceva naturalmente, come dovrebbe essere fatto, non aveva paura di agire secondo dei valori, per dei principi morali. E la cosa pazzesca è che era un uomo bianco, un politico mainstream al potere da vent’anni, e che comunque proponeva idea straordinariamente progressiste. E ne parlava in modo costruttivo, non aggressivo. Credeva ancora in un mondo dove i problemi si risolvono con il dialogo e si è reso vulnerabile perché si fidava. Non avrebbe mai accettato di essere difeso da delle guardie del corpo, andava contro i suoi principi. Pensavamo tutti che le città fossero « utopie sicure», isolate dalla storia nazionale.

Pensi che questo assassinio sia in qualche modo legato alla situazione politica in Polonia?

Se l’atto in se non è stato politico, esiste sicuramente un legame tra questo gesto e la situazione sociale in Polonia. Il paese è profondamente diviso e ci sono molte più aggressioni di prima. Tutto è iniziato dalla crisi dei rifugiati, si è creata una forte spaccatura. L’altro ha iniziato ad essere oggettificato, disumanizzato. Il governo si è appropriato in modo quasi egemonico della retorica politica e mediatica, non lasciando alcuno spazio per il dialogo. E dove c’è polarizzazione arrivano le aggressioni. Per questo i manifestanti nelle città polacche marciano in silenzio, perché sono stanchi delle urla, dell’aggressività. Le persone che marciano nelle altre città polacche non conoscevano il nostro sindaco. Vogliono solo dire basta all’odio.

L'intervista di Open a Marta Siciarek, fondatrice con Pawel Adamowicz del «modello di Danzica» per l'integrazione foto 1

Pensi che questo omicidio avrà un impatto sulla situazione sociale e politica polacca?

Quando è iniziata la crisi dei rifugiati in Polonia, e il governo ha iniziato questa campagna di paura e di odio, ho pensato che a un certo punto il popolo si sarebbe stancato di avere paura. Di essere in uno stato di costante eccitazione emotiva. Questo evento potrebbe finalmente far scattare questo meccanismo.

Il modello di accoglienza di Danzica: quanto era legato alla persona del sindaco e quanto può sopravvivere senza Adamowicz?

La gente mi chiede di parlare del passato e del futuro ma a me viene molto difficile pensare a un prima e un dopo Pawel Adamowicz. C’è qualcosa di così pesante e insopportabile nella sua scomparsa. Continueremo sicuramente a fare quello che abbiamo iniziato insieme. Il nostro programma funziona a livello istituzionale, è radicato nel sistema scolastico, nelle politiche di alloggio, nel sistema sanitario. Ci saranno di sicuro grandi cambiamenti, perché era importante avere un politico dalla nostra parte, ma continueremo a lavorare perché tutte le persone siano trattate allo stesso modo. La gente combatterà per mantenere questo sistema, quest’apertura e solidarietà sono le cose che le persone apprezzano qui, è naturale, e deve continuare a funzionare.

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