Di Maio festeggia i risultati della lotta al caporalato, ma la legge è del governo Renzi
Nella mattinata di giovedì 17 gennaio, si è diffusa la notizia dell'arresto di sei "caporali" italiani accusati a vario titolo disfruttamento del lavoro, intermediazione illecita nel lavoro, estorsione, corruzione, fittizia intestazione di beni, trasferimento fraudolento di valori e dichiarazione infedele. Il risultato è frutto di un'indagine durata tre anni e condotta dallasquadra mobile di Latina, in coordinamento con gli uomini del Servizio Centrale Operativo diretto da Alessandro Giuliano.
A distanza di poche ore dagli arresti, il vicepremier Luigi Di Maio ha festeggiato il successo dell'operazione con un tweet: «Abbiamo dichiarato guerra al caporalato e adesso, finalmente, i nodi stanno venendo al pettine. Ecco i frutti del nuovo corso dell’Ispettorato del Lavoro che denuncia le mele marce e grazie alle forze dell’ordine per il lavoro svolto. Questo è lo Stato che ci rappresenta».
https://twitter.com/statuses/1085877590538289152
Che cosa c'è che non va in questo tweet? Essenzialmente nulla, se non fosse che il vicepremier non accenna a un fatto basilare: la legge per il contrasto al caporalato è stata voluta e approvata nel 2016, quando al governo c'era Matteo Renzi e il ministro delle Politiche agricole era Maurizio Martina.
La normaè stata approvata nell'ottobre del 2016 e contiene una serie di disposizionivolte a intensificare le pene già previste dall'ordinamento. Oltre all'arresto, è stata introdotta anchela confisca dei beni per chi venissesorpreso a infrangere le nuove norme, il controllo giudiziario dell'azienda e l'estensione della responsabilità del datore di lavoro e degli enti preposti al controllo.