La sentenza sui presunti danni provocati dai cellulari non ha rilevanza scientifica
Una sentenza del Tar del Lazio riaccende i riflettori sulla questione delle onde elettromagnetiche emesse dai cellulari, rispondendo a un ricorso dell' Associazione per la prevenzione e la lotta all'elettrosmog. In base a questa sentenza, i ministeri dell'Ambiente, della Salute e dell'Istruzione saranno obbligati a fare una campagna informativa sui rischi per la salute di un uso improprio di cellulari e cordless. L'Associazione ha denunciato anche il mancato adempimento della «legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici».Tuttavia, a oggi non è mai stato dimostrato un collegamento certo tra cellulari e problemi alla salute. Esistono certamente diversi studi correlativi, ma niente che dimostri un effettivo rapporto di causa-effetto.
Gli studi sui presunti danni delle onde elettromagnetiche dei cellulari
La Società italiana di medicina ambientale (Sima) ha pubblicato un decalogo con una serie di consigli sull'uso dei dispositivi mobili, spiegando però che non ci sono prove consistenti sui danni alla salute provocati da un'esposizione eccessiva ai campi elettromagnetici. Gli unici disturbi di cui siamo a conoscenza sono legati ai cicli di sonno e veglia - ma si tratta di disturbi provocati dagli schermi dei dispositivi – e alla dipendenza psicologica dai social network.
Differenze tra onde ionizzanti e non ionizzanti
Anche l’Associazione riconosce la differenza tra onde elettromagnetiche ionizzanti e non ionizzanti, le prime possono provocare effettivamente danni al Dna generando tumori, parliamo di quelle emesse ad esempio dai materiali radioattivi; mentre quelle dei cellulari non possono provocare questi effetti, perché hanno frequenze troppo basse. In questi casi viene citata spesso – come nel caso delle carni lavorate quali fattore di rischio per il cancro – la tabella dello Iarc (Istituto dell'Oms per la ricerca contro il cancro), dove effettivamente troviamo in categoria 2B le emissioni dei cellulari.
Tuttavia queste compaiono assieme a sostanze come il caffè, dandoci un contesto della loro presunta “pericolosità”. Si è riscontrato in diversi studi che c'è effettivamente un riscaldamento dei tessuti esposti per lunghi periodi ai campi elettromagnetici dei cellulari. In che modo questo possa causare delle patologie non è chiaro.
I rapporti tra giustizia e scienza
Le sentenze dei tribunali non sono prove scientifiche e non sempre si avvalgono di studi definitivi che accertino sul serio l’esistenza di un pericolo per la salute. Esistono numerosi precedenti in cui i giudici potrebbero aver “scavalcato” la scienza, anche per quanto riguarda la correlazione tra vaccini e autismo o altre patologie. Per quanto riguarda la presunta pericolosità dei cellulari esistono ugualmente sentenze precedenti, come quella del tribunale di Ivrea. Effettivamente è emblematico il fatto che nonostante la capillare diffusione dei cellulari, epidemiologi e oncologi non siano riusciti a produrre alcun dato accertato di effetti nocivi.
Le motivazioni della sentenza
Secondo il Tar l’Associazione avrebbe «prodotto documenti tratti dalla letteratura scientifica dai quali emerge che l'utilizzo inadeguato dei telefoni cellulari e cordless, comportando l'esposizione di parti sensibili del corpo umano ai campi elettromagnetici, può avere effetti nocivi sulla salute umana, soprattutto riguardo ai soggetti più giovani e quindi più vulnerabili, potendo incidere negativamente sul loro sviluppo psico-fisico».
La mancata contestazione degli enti
La sentenza sembra condizionata dal fatto che effettivamente gli enti a cui ha indirizzato l’obbligo di fare “corretta informazione”, non siano stati in grado di contestare le argomentazioni dell'Associazione, specialmente gli studi che dimostrerebbero un concreto pericolo per la salute:
«Nel corso del giudizio, l’Associazione ricorrente ha prodotto alcuni documenti tratti dalla letteratura scientifica, dai quali emerge che l’utilizzazione inadeguata dei telefoni cellulari o cordless, comportando l’esposizione di parti sensibili del corpo umano ai campi elettromagnetici, può avere effetti nocivi per la salute umana, soprattutto con riguardo ai soggetti più giovani e, quindi, più vulnerabili, potendo incidere negativamente sul loro sviluppo psico – fisico. Orbene, i rischi per la salute paventati dall’Associazione ricorrente non sono stati efficacemente contestati dalle Amministrazioni resistenti, che si sono limitate ad invocare l’inammissibilità anche di questa seconda richiesta».
Abbiamo quindi una probabile doppia incomprensione per quanto riguarda una visione prettamente scientifica della materia, sia da parte del potere giudiziario che di quello esecutivo. Il problema ora è capire come si dovrebbe fare informazione su presunti “usi impropri”, dal momento che a oggi non esistono dati certi che dimostrino quale uso sia “proprio” oppure no dal punto di vista della salute.