Distratti e informati: i pro e i contro della lettura sugli smartphone
Quando pensiamo al tema dello skim reading, cioè della lettura rapida o superficiale, si pensa subito allo smartphone. Cosa, se non lo schermo di un cellulare, si presta maggiormente alla tentazione dello scroll e della scrematura delle informazioni sul testo? Da alcuni studi recenti è emerso che le competenze utili per leggere un testo stampato non sono le stesse di quelle impiegate per i testi multimediali, che hanno immagini più vivaci e integrazioni di tipo audio-visive.
Altri studi, condotti con la tecnologia EyeTracking (lo strumento per monitorare i movimenti dell’occhio sulla pagina), hanno dimostrato che, quando il supporto è lo smartphone e il testo è online, l’occhio cade sempre nelle stesse zone della pagina, portandoci a lasciare molto spesso a metà la lettura dell’articolo.
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Ma non obbligatoriamente lettura digitale e lettura superficiale sono destinate ad andare a braccetto. Il ricercatore Andrea Nardi, che collabora con l’Università di Firenze e che ha lavorato sul tema, ha spiegato che possono esserci «infiniti benefici» nellalettura digitale. «Uno di questi» – ha spiegato a Open – «è permetterci di leggere o informarci in mobilità».
«Leggere su carta – ha detto Nardi presuppone un certo livello di isolamento e immersione; il digitale, invece, quando unito all’ottica della rete, è basato sull’attenzione intermittente». E a essere intermittenti sono anche le nostre giornate: i dispositivi non tradizionali ci permettono di leggere nelle pieghe degli impegni in agenda, durante quei momenti in cui la dimensione fisica delle pagine di un quotidiano, o la non silenziosità di un contesto, ci impedirebbero di farlo. In metro, per esempio, o in fila alle poste: in tutte quelle situazioni in cui la lettura su carta andrebbe difficilmente a buon fine.
Allo stesso tempo, i rischi di moltiplicare le occasioni di lettura senza mai entrare nella logica dell’approfondimento sono reali. Secondo il ricercatore, la soluzione è una: quella di educare i lettori già da piccoli a un utilizzo consapevole. «Bisogna cercare di trovare delle integrazioni tra i due mezzi», spiega Nardi. «Non si può far finta che il digitale non esista, ed è solo utilizzandolo che si maturano le competenze necessarie per non fare di tutta la lettura digitale uno skim reading». Come ha scritto su The Guardian la direttrice del Centro per la Dislessia dell’Università di Los Angeles, Maryanne Wolf, è necessario formare i bambini in modo che diventino “bilitterati” (bi-literate), cioè in grado di saper imparare al meglio sia da fonti digitali che da fonti tradizionali.
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«Cerchiamo di non essere né apocalittici né integrati», ha insistito Nardi, «altrimenti rischiamo di non fornire le competenze necessarie alla comprensione dei testi sui nuovi supporti». Con l’avanzare dello sviluppo tecnologico e con l’aumentare delle ore giornaliere dedicate all’utilizzo dei device, la questione ha smosso l’interesse generale di accademici e non. Il dibattito si sta polarizzando: «C’è chi sostiene che la distrazione prodotta da tutti i nuovi mezzi digitali si stia ripercuotendo negativamente sulle abitudini di lettura e sulla capacità di comprendere in maniera critica i testi che leggiamo», spiega ancora Nardi.
«Dall’altra, ci sono autori che vedono il cambiamento digitale in ottica più positiva, e hanno teorizzato la nascita di nuove forme di attenzione. In risposta a tutti gli stimoli che abbiamo dalle nuove tecnologie, probabilmente cambieranno anche le nostre strategie di lettura e nasceranno anche delle nuove forme di attenzione digitali».
È vero, il testo scritto stimola una comprensione più lineare e approfondita. Ma altrettanto vero è che i diversi dispositivi digitali non hanno tutti le stesse caratteristiche. Come fa notare Nardi, il digitale non è solo la lettura di articoli online. «C’è una differenza sostanziale tra leggere un testo online e leggerne uno su kindle», precisa. «La lettura online è quella più sensibile a produrre delle distrazioni, ma quando leggo un testo su un kindle, le differenze con il cartaceo sono minime».
«Bisogna fare attenzione: non può ridursi a una semplice lotta tra nostalgici del cartaceo e sostenitori del digitale». In altre parole, bisogna fare in modo che i due modelli si parlino.
«È necessario abituare i lettori a trasferire quei processi cognitivi alti che la lettura su carta ci ha insegnato ad elaborare alla lettura digitale, guidandoli però nell’acquisizione di quelle nuove literacies fondamentali per leggere, pensare e comunicare nel nuovo contesto digitale. In questo concordo con Maryanne Wolf la sfida per il futuro è quella di formare lettori bilingui in grado di saper parlare entrambi i linguaggi e sfruttare produttivamente le prerogative di ciascun mezzo».