Solo un italiano su tre è «pro migrazioni». L’intervista di Open a Stefano Allievi
A pochi giorni dall’inizio del summit annuale a Davos, in Svizzera, il Forum economico mondiale ha pubblicato dei nuovi dati sulla percezione dell’immigrazione nei paesi occidentali. I risultati che toccano l’Italia più da vicino riguardano l’immigrazione. Il sondaggio registra che, soltanto il 30% degli italiani, pensano che gli immigrati siano un fattore positivo per il Paese. Si tratta di una percentuale molto più bassa rispetto alla media mondiale del 56%. Negli Stati Uniti di Donald Trump per esempio, la media è del 63%. In Germania, dove gli ultimi anni sono stati caratterizzati anche da serie polemiche nei confronti delle politiche d’asilo, in particolare sulla decisione della Cancelliera Angela Merkel di accogliere 1 milione di richiedenti asilo dalla Siria nel 2015, la percezione positiva degli immigrati è più alta che in Italia del 18% (48% rispetto al 30%). Per capirne il motivo Open ne ha parlato con Stefano Allievi, professore ordinario di Sociologia e autore di numerosi libri e saggi sull’immigrazione tra cui, più recentemente, Immigrazione: Cambiare tutto e 5 cose che dovremmo tutti sapere sull’immigrazione (e una da fare) (Laterza, 2018).
Professore, questi dati sono sorprendenti?
L’Italia è uno dei paesi in cui è cresciuto più rapidamente il rifiuto degli stranieri o anche il timore che siano negativi sia per l’economia che per la cultura. È una conferma del fatto, già risaputo, che l’Italia è uno dei paesi che in assoluto ha la distanza più ampia tra la percezione e la realtà rispetto ai dati numerici effettivi. Gli italiani credono che gli immigrati costituiscano circa un quarto della popolazione mentre il dato reale è del10%. La percezione inoltre è concentrata soprattutto sulle persone che provengono dall’Asia o dall’Africa quando in realtà la maggior parte degli immigrati in Italia vengono dall’Europa dell’est
Come possiamo spiegare questa distanza tra percezione e realtà?
Ci sono delle ragioni di breve periodo. L’ultima campagna elettorale si è giocata essenzialmente su questo e il Ministro dell’Interno in particolare continua a considerarlo un argomento principale. Il secondo motivo è l’emergenza degli sbarchi, iniziata nel 2014-2015. Ha dato l’impressione che la maggior parte degli immigrati in Italia fossero quelli che arrivavano dal nord Africa. Ma c’è anche un motivo di lungo periodo che viene spesso trascurato. In Italia sono arrivati prima i dibattiti sulla diversità, sui presunti danni del multiculturalismo e del radicalismo islamico.
Dalle torri gemelle in poi il dibattito politico in Italia su questi temi ha dato molto spazio a determinate posizioni, penso per esempio all’enorme successo dei libri di Oriana Fallaci. Io dico sempre che gli immigrati hanno vissuto un settembre nero, quello del 2000, in cui sono successe tre cose: è uscito il libro di Giovanni Sartori sul multiculturalismo, che ha aperto al discorso contro gli immigrati da sinistra. Esce la lettera del Cardinal Biffi ai bolognesi che cambia completamente l’approccio del mondo cattolico che fino a quel momento si era basato sull’accoglienza. Infine con il caso della moschea di Lodi comincia una nuova ostilità nei confronti degli immigrati musulmani in Italia.