L’algoritmo che dona il tatto ai robot, la ricerca di due Università italiane
Uno dei settori che si sta sviluppando più velocemente-anche dal punto di vista della ricerca italiana -è quello delle protesi robotiche. Come sanno bene anche i disegnatori, le mani sono tra le parti più difficili da rappresentare. Lo abbiamo già visto con la mano robotica a cui è stato “insegnato” a suonare il piano, se pure con risultati ancora da perfezionare.
L'importanza del tatto nei nostri gesti
La grande sfida è quella di creare protesi in grado di avere le stesse funzionalità delle mani, partendo dal tatto. Anche se sembra impossibile non lo è, grazie allo sviluppo di un algoritmo in grado di riconoscere le vibrazioni di un oggetto in scivolamento. Per poterlo testare al meglio, il prossimo obiettivo sarà quello di provarlo nel campo della chirurgia robotica.
La mano robotica «sensibile» diAlmerina Masciarello
Come si fa a generare il senso del tatto tramite sensori e protesi?In questo campo i ricercatori del Sant’Anna hanno fatto passi da gigante. Nel gennaio scorso hanno impiantato una mano bionica in grado di percepire gli stimoli tattili alla paziente Almerina Masciarello. Nel 2014 un paziente danese aveva subito la stessa operazione, il modello di protesi però era meno evoluto.
Come funziona una mano robotica in grado di toccare?
Fondamentale è stata l'interdisciplinarità, cioè il mettere a frutto più conoscenze da ambiti diversi, come la neurologia. I polpastrelli della mano robotica si avvalgono di appositi sensori che elaborano in un computer le informazioni tattili, queste poi vengono trasmesse con segnali elettrici comprensibili al nostro sistema nervoso.
Degli elettrodi presenti nel braccio fungono da ponte per mettere in comunicazione computer e cervello. Questi impulsi non servono solo a percepire l'ambiente esterno, ma anche aregolare i movimenti delle dita.