Corbyn sfida May sulla Brexit e propone un secondo referendum
Jeremy Corbyn, in piena crisi di partito, si è finalmente deciso. Dopo il rifiuto di partecipare alle consultazioni sul piano B per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea – tuttora prevista per il 29 marzo 2019 – avviate dal Primo Ministro Theresa May, il leader del partito laburista ha deciso di schierarsi. Niente piano B, decide il parlamento: o Brexit light (permanenza del Regno Unito nell'unione doganale) oppure un secondo referendum: non sulla Brexit, ma su un eventuale accordo di uscita dall'Unione Europea, approvato dalla maggioranza dei deputati.
Dopo aver subìto una sconfitta pesante in parlamento la settimana scorsa, Theresa May è comunque riuscita a incassare la fiducia del Parlamento, grazie al sostegno dei partner di governo (il partito unionista irlandese) e dei conservatori ribelli (gli hard brexiteers, scontenti dell'approccio, secondo loro, troppo accomodante della May nei confronti dell'Ue). Entrambi avevano votato contro l'accordo raggiunto dopo oltre due anni di negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Theresa May ha quindi ottenuto un nuovo mandato per cercare di trovare una soluzione che possa ricevere l'approvazione della maggioranza di deputati.
Il voto sul nuovo accordo si terrà il 29 gennaio. Dopo aver ribadito che il piano B sarà il miglior antidoto al possibile male dell'uscita del Regno Unito senza un accordo – il famigerato no deal – May ha escluso la possibilità di un nuovo referendum. Eppure, oltre alla volontà di confrontarsi con tutte le parti politiche disposte al dialogo, il piano B di May non include molte novità. Il tentativo di rassicurare i parlamentari sulla questione del possibile ritorno a un confine duro tra le due Irlande, visto anche il recente atto di terrorismo attribuito alla nuova IRA (esercito repubblicano iralndese), non lascia ben sperare.
May rimane ancorata al backstop, una soluzione che prevede la permanenza dell'Irlanda del Nord nell'unione doganale Ue, ma che però non soddisfa né i partner di governo, né la minoranza di conservatori. Nel tentativo di ottenere qualche concessioneda parte dell'Unione Europea,May ha cercato di addolcire la sua proposta togliendola tassa di 65 sterline prevista per la domanda di residenzaai cittadini europei che risiedono nel Regno Unito. Chi ha già pagato potrebbe essere rimborsato. Per May un secondo referendum metterebbe a repentaglio la «coesione sociale della Gran Bretagna», dando manforte a chi vorrebbe addirittura il disfacimento del Regno Unito. Per Corbyn invece la decisione spetta al parlamento.