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Diciotti, la Lega sceglie la linea dura: «Chi vota contro Salvini è contro il governo»

27 Gennaio 2019 - 23:11 Alessandro Parodi
Documento dei capigruppo leghisti di Camera e Senato che chiede il no dei Cinque stelle. Di Maio: «Se Salvini ha detto "mi voglio far processare" il problema del nostro voto sull'immunità non esiste più». Il leader della Lega esce rafforzato da una nuova versione della politica dei due forni

Se il ministro dell’Interno Matteo Salvini dice di non aver bisogno di «aiutini» è il suo partito, la Lega, a prendere posizione ufficialmente nei confronti del Movimento 5 Stelle, chiarendo che un voto contro di lui sarà considerato un no a tutte le politiche del governo.

«Processare chi, nell’esercizio delle sue funzioni di Ministro dell’Interno, ha contemporaneamente agito nel pieno rispetto delle leggi e della Costituzione e ottemperato al mandato ricevuto dagli elettori, quello cioè di garantire rispetto delle regole e delle normative, significa inequivocabilmente tentare di processare il governo», scrivono in una nota congiunta i capigruppo della Lega al Senato ed alla Camera, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari.

Una dichiarazione ben più netta di quella di Salvini che in un’intervista su Rtl aveva invece dichiarato: «I Cinque Stelle decidano con coscienza. Non ho bisogno di aiutini nascosti», rispondendo così alla possibilità che il Movimento 5 Stelle voti sì all’autorizzazione a procedere sul caso Diciotti.

Il Tribunale dei Ministri di Catania ha chiesto di procedere nei confronti del vice premier dopo l’inchiesta sullo sbarco dei 137 migranti che il 25 agosto 2018 sono arrivati al porto di Catania.

«Come voteranno M5S, Pd o FI lo lascio decidere a loro. Ma è normale che un ministro dell’Interno, con l’appoggio di tutto il governo, venga processato per aver fatto quello che ha promesso in campagna elettorale?».

Luigi Di Maio si era già detto favorevole a questo procedimento, anzi, intervistato da Massimo Giletti su LA7 aveva dichiarato: «Se Salvini andasse a processo io sarei il primo ad andare a testimoniare che quella fu una decisione del governo. Il processo finirà con un nulla di fatto perché si trattò di una legittima decisione politica del governo».

Continua il vicepremier durante la trasmissione Non è l’arena: «Il governo italiano si oppose allo sbarco della nave Diciotti finché l’Europa non ci ha detto dove dovevano andare i migranti a bordo. Se Salvini ha detto “mi voglio fare processare‘” il problema del nostro voto sull’immunità non esiste più. Si cerca ogni pretesto per far scardinare il Movimento Cinque Stelle dalla Lega nella speranza di far cadere il governo. Non succederà».

Ma in che quadro arrivano le dichiarazioni di Di Maio?

Mercoledì 30 gennaio l’autorizzazione a procedere per il reato di sequestro aggravato di persona imputato al ministro dell’Interno dal Tribunale dei Ministri di Catania arriverà all’esame della Giunta per le elezioni e le immunità del Senato. Poi Salvini dovrà essere ascoltato o dovrà comunque inviare una memoria.

Il voto in Giunta è previsto entro trenta giorni. Poi, se arriverà il via libera, entro altri trenta giorni l’aula sarà chiamata a pronunciarsi. Le posizioni dichiarate delle forze politiche sembrano oggi chiare: trenta giorni (e altri trenta) però son cambiare.

La Lega voterà chiaramente no all’autorizzazione. Anche se Matteo Salvini nei mesi scorsi aveva dichiarato che nel caso l’eventualità di un processo fosse diventata reale non avrebbe cercato voti “amici” in Parlamento, nella diretta Facebook del 24 gennaio ha detto chiaramente di sentirsi sicuro del voto della Lega (sottintendendo che dal suo partito verrà un blocco al provvedimento).

«Vediamo se ci sarà una maggioranza in Senato che dice: “Sì, Salvini è colpevole. Salvini deve essere processato, Salvini deve essere incarcerato perché ha abusato, ha sequestrato, ha trattenuto, è un delinquente”».

Nella stessa diretta Salvini aveva fatto riferimento, come giustificazione politica al suo operato nel caso della nave Diciotti, al mandato elettorale ricevuto dagli elettori il 4 marzo. Si trattava evidentemente di un chiaro messaggio ai compagni di viaggio della campagna elettorale, ma che oggi non fanno parte della maggioranza di governo: Forza Italia e Fratelli d’Italia.

La prima a rispondere alla chiamata del ministro dell’Interno era stata Giorgia Meloni, che interpellata dai giornalisti a Castelli, in provincia di Teramo, per sostenere la candidatura di Marco Marsilio a presidente della Regione Abruzzo aveva chiarito che Fratelli d’Italia avrebbe votato no all’autorizzazione a procedere.

Nella giornata di oggi è arrivato anche lo stop di Forza Italia attraverso le parole di Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo che a In 1/2 Ora, trasmissione di Rai3 condotta da Lucia Annunziata ha dichiarato: «Noi siamo garantisti, con tutti. lo siamo sempre stati. Non dobbiamo fare un favore a Salvini o comprare la sua benevolenza. Ma spero che Salvini comprenda che nelle Regioni ha a che fare con alleati seri e corretti».

Al messaggio in codice di Salvini sul mandato elettorale, Tajani risponde quindi con un altro messaggio indiretto: oltre all’alleanza di governo con i 5 Stelle, la Lega deve fare i conti con quella con Forza Italia in importanti regioni italiane.

Dal PD non arrivano dichiarazioni dirette, ma il sì al’autorizzazione dovrebbe arrivare, in considerazione anche della scelta dei parlamentari democratici, guidati da Graziano Delrio, di organizzare una staffetta a sostegno dei migranti da giorni bloccati sulla nave Sea Watch.

Scontato anche il via libera di Liberi e Uguali: uno dei suoi leader, Nicola Fratoianni, è stato uno dei protagonisti oggi 27 gennaio dell’iniziativa a bordo della stessa nave Sea Watch per verificare le condizioni psicofisiche dei migrati.

Da fonti PD, nella giornata del 28 gennaio, emerge, dopo la riunione a Palazzo Madama dei quattro componenti dem della giunta per le elezioni, presenti il capogruppo Francesco Bonifazi e i senatori Anna Rossomando, Nadia Ginetti e Giuseppe Cucca, con il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci.

Emerge che «c’è la necessità di seguire l’iter della richiesta in giunta e di approfondire la questione, da tutti i punti di vista» ma è «seria e ben documentata la richiesta del Tribunale dei ministri» su Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti.

Il Movimento 5 Stelle dopo le dichiarazioni di Di Maio sembra intenzionato a votare sì al processo, ma di fatto arriva un no politico sulla questione e l’allineamento alle posizioni di Salvini, dopo la tensione sul caso della Sea Watch 3 a largo di Malta nei primi giorni del 2019 in cui anche il premier Conte si era mostrato più favorevole a una posizione conciliante anche nei confronti dei rapporti con l’Unione Europea.

A questo punto, con i voti del Movimento 5 Stelle l’autorizzazione a procedere dovrebbe passare sia in Giunta che in Aula. I voti dei 5 Stelle in entrambe le assemblee sono decisivi: non basterebbe l’asse Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia. La maggioranza giallo-verde, quindi, si ricompone. Il centro della vicenda da giuridico, però, si fa sempre più politico.

Matteo Salvini da una parte riesce a compattare sulla linea garantista e anti-immigrazione le forze del centrodestra con cui si è presentato alle ultime elezioni politiche e da cui ha ricevuto, secondo le sue parole, il mandato elettorale per gestire la chiusura dei porti.

Dall’altra incassa l’appoggio Di Maio su tutta la vicenda e la compattezza del governo ne esce rafforzata. Insomma, la vecchia politica dei doppi forni che oggi più che mai, trova un attore centrale che da questa vicenda non sembra uscire indebolito, ma rafforzato: Matteo Salvini.

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