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La sfida di Font Paz: scoprire le protagoniste dimenticate della letteratura europea

28 Gennaio 2019 - 06:25 Giada Ferraglioni
La ricercatrice spagnola ha vinto 1.5 milioni di euro per riscoprire autrici considerate "marginali".  Il progetto si chiama «Women’s Invisible Ink»(WINK) e a finanziarlo è il Consiglio di Ricerca Europeo. Ci sono anche scrittrici italiane  

Anche se i manuali di letteratura dimostrano spesso il contrario, la cronologia della letteratura moderna femminile non si esaurisce tra Jane Austen e le sorelle Brontë.

Carme Font Paz, accademica dell’Università Autonoma di Barcellona, ha ricevuto un assegno di ricerca di 1.5 milioni di euro per ridare voce ai lavori perduti o poco valorizzati di numerose scrittrici europee lasciate ai margini della letteratura. Il progetto si chiama Women’s Invisible Ink (WINK) e a finanziarlo è il Consiglio di Ricerca Europeo (ERC).

«Ci sono tante donne che hanno scritto e non sono state incluse nella storia canonica della letteratura», ha raccontato Font Paz a Open. La ricercatrice ha insistito sul fatto che esistono poesie, romanzi e saggi scritti da autrici considerate «marginali» perché non provenienti da ambienti nobili o accademici, e che, sfuggendo ai classici canoni letterari, sono stati volutamente tagliati fuori dai manuali in quanto «poco validi».
 

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Il lavoro di WINK si concentra soprattutto tra il sedicesimo e il diciottesimo secolo. «Per quanto riguarda l’Italia – ha spiegato Font Paz – stiamo cercando di contribuire a ridare il giusto peso ai lavori di Chiara Matraini, per esempio, che ha scritto poesie sull’amore cercando di porre, nel racconto della relazione, la figura femminile sullo stesso piano di quella maschile». Anche Vittoria Colonna, nonostante sia piuttosto conosciuta, «ancora non ha la rispettabilità che meriterebbe». 
La riscoperta prosegue anche lungo i saggi di numerose suore nei conventi italiani e spagnoli che, attraverso la riflessione religiosa, dimostravano «una volontà reale di rivedere il ruolo della donna nella società».
 

La sfida di Font Paz: scoprire le protagoniste dimenticate della letteratura europea foto 1

 

La portata femminista di questi testi non è da sottovalutare: sono opere che riflettono costantemente sulla condizione della donna nel presente e nella storia. Come specifica Font Paz, quelli della prima modernità sono più che altro testi proto-femministi: «pur non appartenendo a un movimento, mostravano una coscienza precisamente femminista». «Lo sono – ha continuato – perché cercano di dare dignità alla condizione delle donne nella società, nonostante non esistessero movimenti femministi come li conosciamo oggi». 
 

Per questo, accanto alla riscoperta di poesie e romanzi, è importante affiancare la rilettura di epistole e appunti sui quaderni: «le lettere sono importanti perché ci restituiscono una visione molto più personale dei temi trattati». Così come i diari «ci parlano dei pensieri e dei sentimenti più intimi della autrici». 
 

«A causa della loro scarsa educazione», aveva spiegato la ricercatrice al The Guardian, «alcune di queste donne avevano uno stile molto informale che le ha esposte a critiche continue. Per questo i loro lavori hanno mantenuto un ruolo marginale per tutto questo tempo». 
La ricerca di autrici poco qualificate o semi-sconosciute (quando non totalmente ignorate) è però solo il primo momento di un progetto ben più ampio e decisivo. L’obiettivo del gruppo di ricerca WINK è quello di modificare la percezione comune che si ha di una certa fetta della produzione letteraria europea. 
 

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Font aveva dichiarato a El Paìs : «Nel corso della storia ci siamo trovati di fronte a una misoginia testuale tendente a considerare gli scritti delle donne sulla loro vita come qualcosa di non valido intellettualmente. Questo atteggiamento ci ha portati tutti a pensare che il maschile sia l’unica forma di cultura valida». 
La «misoginia testuale» ha causato, oltretutto, la spersonalizzazione dei lavori delle autrici. Piuttosto che concentrarsi sul restituire autonomia e originalità a ognuna delle differenti voci, si è preferito accorparle tutte sotto la generica “scrittura femminile” (female writings).
 

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L’obiettivo finale è, per dirlo con le parole della ricercatrice, quello di «smetterla di perdere parti importanti della nostra cultura». O, per citare un verso di Anna Bijns, poetessa tedesca del sedicesimo secolo, smetterla di considerare quei contributi come «just hot air, anyway». Solo aria fritta, dopotutto. 

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