La lettera di Salvini sul caso Diciotti: «No al processo. Ho agito nell’interesse pubblico»
«La mia vicenda giudiziaria è strettamente legata all’attività di Ministro dell’Interno e alla ferma volontà di mantenere gli impegni della campagna elettorale. Avevo detto che avrei contrastato l’immigrazione clandestina e difeso i confini nazionali».
Così esordisce il vicepremier e ministro dell’Intero Matteo Salvini nella sua lettera in prima pagina sul Corriere della Sera. Il caso è quello della nave Diciotti in relazione al quale il tribunale dei Ministri, dopo aver analizzato il fascicolo, ha ritenuto ci fossero gli elementi per procedere contro il capo del Viminale che, la scorsa estate, trattenne per diversi giorni a Catania 177 migranti soccorsi a bordo della nave.
«Non intendo sottrarmi al giudizio – scrive Salvini – il tribunale dei Ministri di Catania mi accusa di sequestro di persona ma io sono convinto di aver agito sempre nell’interesse superiore del Paese e nel pieno rispetto del mio mandato».
Per il leader leghista, il contrasto all’immigrazione clandestina corrisponde a un preminente interesse pubblico e cita, per avvalorare la sua posizione, il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, secondo cui: «L’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani».
Il vicepremier – che nella lettera chiede chiaramente che venga negata l’autorizzazione a procedere richiesta dai giudici – evidenzia inoltre di aver agito per «verificare la possibilità di un’equa ripartizione tra i Paesi dell’Ue degli immigrati a bordo della nave Diciotti».
Dunque, conclude il suo messaggio ribadendo la convinzione, da ministro dell’Interno, di aver preso le giuste decisioni rispetto alla vicenda della nave Diciotti: «Non rinnego nulla e non fuggo dalle mie responsabilità di ministro. Sono convinto di aver agito sempre nell’interesse superiore del Paese e nel pieno rispetto del mio mandato. Rifarei tutto. E non mollo».