Un murales per Lila e Lenù: intervista al fotografo de “L’amica geniale”
Sulla facciata di una biblioteca aperta 70 anni fa, nel Rione Luzzatti di Napoli, è apparsa la sagoma di due ragazze, quelle di Lina e Lulù, le protagoniste de L’amica geniale. L’opera di street art di Eduardo Castaldo è un omaggio alla serie e ai suoi personaggi, nonché ai libri da cui la serie HBO si è ispirata. I romanzi della scrittrice Elena Ferrante sono diventati in pochi anni un caso letterario, che ha conquistato lettori in tutto il mondo.
Con questa sua opera Castaldo, fotografo di scena della serie, ha voluto rendere omaggio al quartiere protagonista del racconto. Castaldo non è solo un fotografo di scena. Per molti anni, dal 2007 al 2014, il suo lavoro l’ha portato lontano da Napoli: prima in Egitto, poi a Gaza e in Israele. Open l’ha intervistato per esplorare non solo il suo viaggio professionale, ma anche la scelta di tornare al rione di Luzzatti, luogo simbolo delle vicende de L’amica geniale.
Dalle lotte per la sopravvivenza a Gaza, alle proteste in Egitto, fino a Napoli? Come è stato questo viaggio?
«La mia carriera professionale è cominciata a Napoli con l’emergenza rifiuti. Napoli è un luogo che ti insegna molte cose, ci troviamo nel sud del mondo, nel mediterraneo. Sono stato quattro anni in Palestina e tre in Egitto. Sicuramentein Medio Oriente ho vissuto conflitti ben più forti di quelli che si vivono a Napoli. Ma le due esperienze non sono così diversecome si potrebbe pensare. Quelle vissute in Paesi come l’Egitto o la Palestina sonostatefortissime. Il cambio più importante non è stato tanto il trasferimento in Italia, ma il passaggio dall’essere un fotoreporter a fare il fotografo di scena.Lavorare come foto giornalistaimplica una granderesponsabilità su quello che fotografi e sull’uso che fai di queste cose. Quando fotografisituazioni di dolore e di sofferenza altruinon sei eticamente libero di utilizzare quelle foto. Fare foto di scena è quasi un gioco, dopo che hai vissuto esperienze in teatri di guerra. Già il fatto che tutti si lascino fotografare, che non debba stare attento a chi fotografi, ti dà una grossa libertà. Anche il lavoro di fotografo di scena ha le sue difficoltà tecniche, però, dal punto di vista etico eumano è molto più semplice. La grande differenza è proprio questa:non hai un limite etico che ti muove in quello che fai».
Come sei arrivato a L’amica geniale?
«Ci sono arrivato tramite una semplice mail. Una volta lasciato il foto giornalismo, sono tornato a quello che è il mio interesse primario:il cinema. Nel 2012 avevolavorato con Matteo Garrone perReality. Da lettore ho amato L’amica geniale, mi sono avvicinato a questa produzione tramite due email: una mandata in Italia, senza un seguito, e una seconda spedita all’HBO. Hanno visto le mie foto, gli sono piaciute, mi hanno introdotto all’ufficio stampa italiano e così sono entrato nel mondo delle due amiche».
Da foto giornalista e fotografo di scena? Cos’è cambiato?
«Sono sempre stato un fotoreporter atipico, nel senso che non ero totalmenteconvinto di ciò che facevo. Ho sempre avutomoltissimi dubbi rispetto all’effettivo valore del mio lavoro, al senso e al diritto che avevo di fotografare il dolore altrui.Diciamo che il foto giornalistaè spesso dipinto come un eroe, ma dietro lamacchina fotografica sei una persona che vive esperienze molto forti. Al di là della motivazione di volerinformare si nasconde un motivo meno nobile, che è quello di vedere le proprie immagini pubblicate, di avere un successo professionale, di pubblicare sui giornali più prestigiosi. Mi sono preso molte soddisfazioni professionali, ma a livello eticoquello che questi giornali spesso scrivevano non combaciava con l’esperienza che avevo vissuto. Fare foto per igiornali è come creare delle bellissime parole e metterle a disposizione di qualcun altro che le usa come vuole. Èun atto non completo di comunicazione, nel senso che le tue foto vengono messe a disposizione per le idee di altri».
Qual è l’idea dietro all’installazione di street art?
«All’inizio volevamo fareuna grande mostra fotografica. Facendo seguito aun lavoro prodotto per Internazionale in cui avevo pubblicato una serie di dittici che mettevano a confronto il rione vero con il set cinematografico, è nata l’idea di fare installazioni nel quartiere Luzzatti. L’idea era di mettere in luce il fascino di un luogo protagonista nei romanzi e nella serie, ma che è rimasto in qualche in modo lontano dal mondo che ruota attorno a L’amica geniale».