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La stazione spaziale ha catturato l’eco di un buco nero che divora una stella

01 Febbraio 2019 - 21:32 Juanne Pili
Questi segnali ci aiuteranno a capire come si evolvono questi "mostri spaziali"

Il team di ricerca coordinato dall’astrofisica Erin Kara ha studiato gli echi di luce di una spirale di gas attorno a un buco nero (J1820) distante 10 mila anni luce, situato nella costellazione del Leone. Lo studio è stato pubblicato su Nature: come riporta Kara«è stato come vedere qualcosa delle dimensioni di un pisello dalla distanza di Plutone». La scoperta aiuterà a capire come i buchi neri “si nutrono” e in che modo restituiscono energia attorno al loro ambiente.

I dati raccolti dalla Stazione spaziale internazionale

I dati sono stati raccolti in orbita, grazie al nuovo osservatorio a raggi X della Nasa, il Nicer (NASA’s neutron star interior composition explore). Si tratta di un telescopio paragonabile per dimensioni a una lavatrice, montatoa bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss).Solitamente il suo lavoro dovrebbe essere quello di misurare la densità delle stelle di neutroni, composte da materia ultra-densa e in condizioni che in fisica vengono definite «esotiche», anche per l’impossibilità di riprodurle in laboratorio.

Nicer non è nuovo a scoperte importanti: in passato ha dimostratoche le pulsar potrebbero essere utilizzate per la «navigazione interstellare». Con le sue piccole dimensioni e il budget limitato,il lavoro di Nicer ci ricorda la recente impresa compiuta in Giappone da un team di ricerca dotato di due piccoli telescopi e finanziamenti minimi, che è riuscito ascovare un asteroide di piccolo raggio nella fascia di Kuiper.

Un buco nero «cannibale»

Ciò che rende più suggestiva la scoperta è il fatto che questi segnali ci raccontano una “tragedia”: con la sua gravità il buco nero – che hauna massa pari a dieci volte quella del sole – si stava “mangiando” una stella. Segnali di questo tipo sono stati captati solo in buchi neri nettamente più grandi, con massa pari a miliardi di volte quella del Sole. Buchi neri come J1820 si evolvono molto più velocemente:questo significa riusciremo astudiare la loro evoluzione in tempi decisamente più brevi.

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