Da Ex-Otago a Ghemon, indie e rap a Sanremo non convincono il pubblico
Il Festival di Sanremo è partito: ieri sera – 5 febbraio – Claudio Baglioni, Virginia Raffaele e Claudio Bisio hanno dato il fischio d’inizio alla nuova edizione (la numero 69) del Festival della canzone italiana, e quindi alla gara tra i 24 Big della musica. L’occhio di riguardo quest’anno è sicuramente per gli artisti della scena indie e rap, in particolare Ex-Otago, Motta, Achille Lauro e Ghemon.
Diciamolo, danno un colore diverso alla solita proposta di musica pop e leggera di questi ultimi sessantanove anni di Festival. Il panorama musicale è in continua trasformazione e quindi anche la direzione artistica del festival comincia ad adeguarsi alla domanda di mercato, attraendo così anche diverse fasce di pubblico.
Motta
La nuova onda indie che travolge Sanremo non sembra convincere il pubblico (che probabilmente è lo stesso da 70 anni): non a caso i due artisti di questa categoria- Motta ed Ex-Otago – sono arrivati nella zona rossa della classifica. Nota bene: quest’anno la classifica è divisa per colori. La parte blu è costituita dalle prime posizioni, quella gialla dalle posizioni intermedie, e la parte rossa è dedicata a chi occupa gli ultimi posti.
Motta
Motta, al secolo Francesco Motta 32 anni compiuti da poco, porta un brano dal titolo Dov’è l’Italia, con un testo ancorato all’attualità e un ritornello che somiglia a un’invocazione. L’arrangiamento è lodevole, specie per l’intro country e per i violini del finale; peccato lui abbia a volte stonato e sia stato un po’ sguaiato. Anche il testo sembrava promettere bene, ma è come si fosse rarefatto man mano che l’esecuzione proseguiva.
Ex-Otago
Ex-Otago
Con uno stacco di mezz’ora, entrano in scena gli Ex-Otago, attesissimi da chi l’indie la mastica da un pezzo. Sono loro, la band genovese formatasi nei primi anni del 2000 a fare da cartina tornasole per questa svolta alternativa della gara. Cantano Solo una canzone: è la storia di due amanti, uno dei quali chiede all’altro di restare insieme perché è facile amarsi quando tutto inizia, quando tremano le gambe, quando niente può fermare l’amore. Il difficile subentra quando il tempo passa, quando devi rimanere un amante credibile. Diversamente da Motta, gli indie genovesi portano un testo solido, con una melodia non all’altezza che ha quasi reso questo testo una canzonetta (senza nulla togliere alle canzonette).
Achille Lauro
Achille Lauro e Ghemon
Ma veniamo al mondo del rap: la proposta per quest’anno si divide tra Achille Lauro e Ghemon. Il primo, classe 1990, porta Rolls Royce, una specie di calderone fatto di citazioni e riprese di luoghi comuni del passato: ci sono i Doors, Marylin Monroe, Jimi Hendrix e Van Gogh. Il punto è che non si capisce l’esatto senso del testo. Forse era questo l’obiettivo? Poi c’è Ghemon, pseudonimo di Giovanni Luca Picariello. Canta Rose viola, la supplica di una donna che piange di notte ripensando ai giorni trascorsi col suo vecchio amore. Per essere un testo rap che parla di un argomento tanto inflazionato come l’amore, questo brano funziona.
Ghemon
Ora che la gara è entrata nel vivo, bisognerà capire se la platea di Sanremo sarà in grado di accettare e apprezzare quello che di nuovo è arrivato sul palco dell’Ariston.