Svelato l’accordo segreto tra Italia e Niger
È datato 6 settembre 2017 l'accordo di cooperazione che porta le firme di Italia e Niger, otto pagine che definiscono – o dovrebbero – i rapporti tra i due Paesi, attraverso lo sviluppo – come si legge nell'articolo 1 – della cooperazione nel campo della difesa che comprende la gestione dei flussi migratori e della sicurezza. Un testo reso pubblico solo ora, dopo una sentenza del Tar del Lazio che ha obbligato il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale a esibire l’accordo. A essere determinante nella pubblicazione dell'atto, l'azione legale di Asgi (l'associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione), di Cild (la coalizione italiana per le Libertà e i Diritti civili) e di Rete Disarmo.
Secondo le associazioni, l'accordo internazionale promosso dal governo Gentiloni nel 2017 – poi preso in eredità dall'esecutivo di Conte – sarebbe troppo semplice, poco specifico e poco trasparente: «L'intesa è sostanzialmente un copia incolla di accordi precedentemente conclusi dall’Italia». A dimostrazione di ciò, vengono segnalate diversi errori e incongruità. Tra queste, la menzione di «visite di navi» tra le forme di cooperazione tra Italia e Niger, Paese che invece non ha accesso al mare. «L'accordo – sottolineano i legali delle associazioni – fa riferimento all'accesso di navi, ma il Niger non ha neanche le coste». Particolare attenzione merita poi la parte del trattato che riguarda la cooperazione relativa ai prodotti della difesa che sembra trasformare il rapporto tra i due paesi in una collaborazione di tipo industriale. Un'intesa che si traduce nella «cessione di materiale militare da parte del nostro Paese e nella possibilità per i privati di esportare mezzi militari aggirando la normativa sul commercio delle armi».
Ma i veri accordi militari, le richieste di uno e dell'altro Stato che permetterebbero di comprendere la natura della missione militare italiana in Niger, sarebbero conservati in alcune lettere, il cui contenuto è ovviamente segreto. «Esistono due lettere – afferma Giulia Crescini, avvocato dell’Asgi – inviate dal governo del Niger a quello italiano, a novembre 2017 e a gennaio 2018, che sono fondamentali per comprendere sia la base giuridica della missione, sia per conoscere il contenuto delle richieste all’Italia e quindi il contenuto della missione militare italiana in Niger».
L'accordo, ad oggi, non è ancora entrato in vigore perché non è ancora stato ratificato né pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ma il fatto che era stato scelto un atto in forma semplificata «ha permesso l'attuazione prima che arrivasse il via libera del parlamento». Secondo i legali delle associazioni, in questo modo è stato aggirato l'articolo 80 della Costituzione che per gli accordi internazionali prevede l'approvazione del Parlamento. «Inoltre – evidenziano i legali delle associazioni – l'intesa con Niamey ha promosso i prodotti della difesa: sembra che si voglia aprire una cooperazione industriale sfruttando un accordo nato invece per la gestione dei flussi migratori e della sicurezza. Questo si concretizza con la donazione di sistemi d'arma dall'Italia al Niger». E il loro ragione va oltre: «Essendo l'Italia un acquirente di armi dalle aziende private, ci sembra che col pretesto delle missioni all'estero per contenere le migrazioni, si voglia favorire il business delle aziende produttrici di armi».