Jeff Bezos accusa un tabloid vicino a Trump: «Minacciano di pubblicare le mie foto nudo»
No thank you, Mr. Pecker. No grazie, signor Pecker. L’8 febbraio il ceo di Amazon Jeff Bezos ha pubblicato un lungo articolo su Medium per accusare di estorsione il proprietario di un quotidiano di gossip. Nove minuti di lettura in cui spiega come il National Enquirer abbia minacciato di pubblicare delle foto in cui appare nudo inviate dal miliardario a Lauren Sanchez, giornalista televisiva con cui ha una relazione.
Jeff Bezos è l’uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato di oltre 130 miliardi di dollari. Oltre a essere ceo di Amazon è anche l’editore del Washington Post, uno dei più importanti quotidiani statunitensi. Tutta la vicenda nasce da un altro scandalo, ed è una storia dove gossip, potere e giornalismo si mischiano assieme.
La compagna di Bezos e le richieste dell’Enquirer
Nel 1992 Jeff Bezos aveva sposato una donna, Tuttle MacKenzie. Una donna con cui ha vissuto 24 anni, fino a poche settimane fa quando, attraverso un tweet, il ceo di Amazon ha reso noto il divorzio. Negli stessi giorni dell’annuncio il National Enquirer ha pubblicato un’inchiesta in cui svelava la relazione tra Bezos e Lauren Sanchez, una frequentazione che, secondo il tabloid, stava andando avanti da diversi mesi. La rivista è del gruppo Ami che è guidato da David Pecker, amico di Donald Trump. Jeff Bezos è anche l’editore del Washington Post, un quotidiano che ha tenuto sempre alta la guardia sulle azioni del presidente degli Stati Uniti.
Jeff Bezos e l’ex moglie Tuttle MacKenzie
Lo scandalo fatto esplodere dal National Enquirer è sembrato quindi un attacco a Bezos per il lavoro del suo giornale. Negli ultimi giorni alcuni uomini dell’Ami hanno avvicinato Bezos dicendogli che avevano in mano delle sue foto nudo inviate a Lauren Sanchez ed erano pronti a pubblicarle. Per evitare che accadesse, l’editore del Washington Post avrebbe dovuto dichiarare che i reportage del National Enquirer non avevano nulla a che fare con l’attività del suo giornale. Il ricatto non ha funzionato. Bezos ha scelto di rendere tutto pubblico, comprese le mail in cui sono state scritte tutte queste richieste.
Il caso Jeff Bezos, il post e le foto sul «National Enquirer»
Il Washington Post e la libertà di pensiero
Democracy Dies in Darkness, la democrazia muore nelle tenebre. Nel febbraio 2017 il Washington Post ha deciso di scegliere questo motto da scrivere sotto il nome della testata. Una scelta fatta circa un mese dopo che Donald Trump era diventato ufficialmente presidente degli Stati Uniti d’America. Questa scelta era sembrata una risposta alle accuse del tycoon verso la stampa americana. In questi primi anni della presidenza Trump il Washington Post ha insistito molto sulla necessità di avere una stampa libera e critica. Solo pochi giorni fa, in occasione della finale di Super Bowl, ha acquistato uno spazio pubblicitario durante l’intervallo per rilanciare questo concetto. Il suo spot in difesa del giornalismo si concludeva con una frase: «Knowing keep us free», «La conoscenza ci rende liberi».