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Sanremo e quelle scuse monche a Mia Martini

08 Febbraio 2019 - 14:43 Enrico Mentana

Ieri sera tanti milioni di italiani che seguivano il Festival di Sanremo si sono commossi al ricordo di Mia Martini. E c'è stata forte emozione quando accanto a quel gentiluomo di Claudio Baglioni- che ne aveva ricordato i primi passi – la bravissima Serena Rossi, che interpreterà la Martini in una fiction di prossima programmazione, ha voluto chiederle scusa a nome di tutti. Giusto, ma scusa di che?, si saranno chiesti in tanti, soprattutto i più giovani, nati dopo la sua morte. Ieri nessuno lo ha voluto dire, perché il sottinteso era chiaro a tutti gli addetti ai lavori, ma non era possibile esplicitarlo, visto che nell'ambiente dello spettacolo la superstizione regna ancora sovrana.

Ma allora, per che cosa si è chiesto scusa a Mia Martini? Perché per decenni gli invidiosi e i mettimale l'avevano segnata con la più infamante (per chi la lancia) delle accuse, che sempre isola e ammanta di dicerie e cattiverie: insomma che portasse sfortuna. Tanta gente di successo, di fama, di ricchi guadagni soffiava su quella calunnia, faceva ostentatamente le corna, o toccava ferro, o altro, quando veniva citata, quando passava una sua canzone in radio, e alle sue spalle se la incontrava, e si rifiutava di stare sullo stesso palcoscenico.

È durato decenni questo scandalo, e tutti sapevano, e i pochi che lo contrastavano venivano visti come i monatti manzoniani, destinati a finire in lazzaretto con l'appestata. Mia Martini è stata messa ai margini da questo meccanismo, dalla congiura dei superstiziosi e degli invidiosi. La sua voce e la sua personalità erano straordinarie, ma non poteva reggere a un simile muro di odio. E di passività, visto che – non si sa mai – neanche ieri sera quel "perché" è stato pronunciato.

Domenica Bertè detta Mia Martini morì sola e abbandonata, in un anonimo appartamento vicino all'aeroporto di Malpensa e lontanissimo dal suo mondo che l'aveva respinta. Aveva solo 47anni, e un po' se l'è portata via il peso insopportabile di quelle dicerie. E allora c'è ancora il tempo, stasera e domani per ripetere quel bellissimo "scusa" e aggiungere quel che è dovuto: "Perché tanti in questo nostro ambiente ti hanno avvelenato la vita, per superficialità, per ignoranza, per cattiveria, per il gusto di dire "quella porta sfiga", e mai nessuno più lo deve dire, di nessuno". Almeno questo.

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