Reddito, Quota 100, e recessione. Ecco perché Cgil, Cisl e Uil tornano (uniti) in piazza 6 anni dopo
«Per Cgil, Cisl e Uil la Legge di Bilancio ed i provvedimenti ad essa collegati, hanno lasciato irrisolte le questioni fondamentali per lo sviluppo del Paese». Inizia così il testo della Piattaforma Unitaria, redatto dai tre sindacati confederali, che annuncia gli intenti della manifestazione di oggi 9 febbraio, lanciata con l’hashtag #FuturoalLavoro.
Coordinate dai segretari Maurizio Landini (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil), le sigle si riuniscono in Piazza San Giovanni dopo 6 anni di attriti, per protestare contro la struttura della Legge di Bilancio approvata dal Governo Conte.
Secondo i sindacati, il Governo è stato miope sulla situazione del lavoro in Italia. A rafforzare gli intenti della manifestazione, c’è stato il crollo della produzione industriale del 5,5% arrivato ieri 8 febbraio: secondo quanto lasciano intendere le dichiarazioni delle rappresentanze, le decisioni di Palazzo Chigi risultano «insufficienti» e «inadeguate» per impedire al Paese di impelagarsi nella recessione.
Mattia Pirulli, rappresentante della Felsa Cisl per i lavoratori atipici, ha spiegato a Open che uno dei motivi principali del riavvicinamento è stata l’incapacità della manovra di guardare al futuro dei giovani lavoratori.
«In un momento storico come questo – ha affermato – in cui il mercato del lavoro mette il lavoratore in una fase di transizione continua, nessuno può non riconoscere l’importanza delle politiche attive. Sono l’unico strumento per sostenere le transizioni e sostenere il reinserimento lavorativo: questo è ormai patrimonio di tutte le rappresentanze».
A tal proposito, nel mirino di Cgil, Cisl e Uil c’è anche il discusso reddito di Cittadinanza e l’introduzione della figura del “navigator“. Secondo i sindacati, l’attivazione del RdC e l’assunzione con contratti di collaborazione dei “tutor del lavoro” avrebbe come unico effetto quello di precarizzare ancora di più i lavoratori Anpal Servizi (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro), senza garantire «né la loro stabilità, né quella del sistema».
A differenza del Reddito di Inclusione (introdotto nel 2017), che «ha rappresentato un evento molto importante per il nostro Paese», quello di cittadinanza si presenta, a parere delle sigle, come uno «strumento ibrido e dispersivo tra contrasto alla povertà, politiche attive e misure assistenzialistiche».
Le questioni principali del documento e della manifestazione toccano i temi delle pensioni, della povertà, della sanità, dell’istruzione e della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda la Quota 100, il provvedimento non garantirebbe un superamento adeguato alla riforma Fornero, non essendo una riforma “strutturale” del sistema previdenziale, ma solamente temporanea e rivolta unicamente a una parte della popolazione.
Le sigle insistono sulla mancanza di finanziamenti previsti all’interno della Legge (tagliati 6,4 miliardi di euro ai fondi pubblici), soprattutto nei riguardi del Mezzogiorno, che «viene ancora una volta penalizzato», e dell’ambito Sanitario Nazionale nel suo complesso.
Il testo è critico anche nei confronti del Decreto Dignità, il provvedimento voluto dal vicepremier Luigi Di Maio (M5S) per invertire la rotta del Jobs Act (Renzi-Poletti), al quale riconoscono il merito del reinserimento della causale all’interno dei contratti di lavoro, ma contestano la scarsità della proposta dal punto di vista del «potenziamento delle politiche attive del lavoro».