L’altro scontro a colpi di carta tra Renzi e il Fatto, su Consip
La polemica sulla «carta igienica di Renzi» scoppia proprio nel giorno in cui si torna a parlare dell'inchiesta Consip, e proprio dalle colonne del Fatto Quotidiano, che pubblica – nel giorno dell'uscita suo ultimo libro Un’altra strada - il capitolo in cui Renzi denuncia una regia occulta dei servizi segreti contro di lui e contro la sua famiglia. Nello stralcio pubblicato dal Fatto Quotidiano, Matteo Renzi scrive: «Tra il 2015 e il 2016 i servizi segreti mi comunicano che intendono inserire una nuova figura di rilievo nella struttura dell'Intelligence. Si tratta del Capitano Ultimo. Mi viene descritto come un segugio infallibile e l'operazione mi si prospetta come fondamentale per raggiungere il primo obiettivo che ho dato alla struttura insediandomi al vertice del governo: la cattura di Matteo Messina Denaro. Quando mi prospettano l'operazione Ultimo rimango sorpreso. Perché coinvolgermi nella scelta dei singoli operativi?».
Proseguendo, Matteo Renzi racconta di aver appreso che Capitano Ultimo fa parte dei Noe, un nucleo operativo dei Carabinieri «che, unico caso nella storia dell’Intelligence italiana, verranno espulsi dai servizi e rimandati indietro quando si scoprirà che hanno lavorato insieme a elementi dell’Arma i quali, secondo i magistrati, stavano manipolando le prove contro di me». Insomma, plateale è l'accusa dell'ex premier che, mandando il capitolo in oggetto proprio al Fatto Quotidiano, il giornale che per primo diffuse lo scoop delle indagini Consip contro Luca Lotti e il padre Tiziano, sembra voler rivangare l'antica polemica portata avanti per anni:
Rumors dicono, infatti, che il gruppo di Ultimo, che arriva dal Noe, un particolare reparto dei carabinieri, non viene assegnato alla caccia di Matteo Messina Denaro, ma a un’altra missione. Sembra poi che qualcuno all’interno di quel gruppo sbagli cognome, sbagli Matteo. I magistrati di Roma hanno chiesto il processo per uno di loro, il colonnello Gianpaolo Scafarto. È lui che tecnicamente avrebbe manipolato le prove, secondo quanto risulta dalle indagini della Procura della Repubblica.
Ed è lui che qualche mese prima dei fatti contestati esplicita la sua linea a un magistrato di Modena, Lucia Musti, che sotto giuramento al Csm riporterà le parole testuali: “Dammi le prove per arrivare a Renzi. Devo arrestare Renzi”. Cosa c’entravo io? E quale Renzi cercavano questi uomini del Noe? Perché scomodare un magistrato di Modena? E perché Scafarto, sotto processo, verrà poi investito del ruolo di “assessore alla legalità” in un comune campano, smettendo la divisa per fare politica in un’amministrazione guidata da avversari politici?
Il capitolo del libro,dopo una serie di domande e di considerazioni dell'ex premier, si conclude con un monito: «Se la verità processuale sarà scritta nelle aule dei tribunali, va sottolineato con forza che si pone un enorme tema di natura istituzionale. Il presidente del Consiglio dei ministri, comunque si chiami, non può essere oggetto di una campagna di aggressione da parte di elementi delle istituzioni».
La replica del Fatto Quotidiano
Per il Fatto Quotidiano, però, la versione di Matteo Renzi non regge affatto e, anzi, gli elementi di novità inseriti dall'ex premier nella versione raccontata nel nuovo libro, cozzerebbero con la realtà dei fatti e con le ricostruzioni giudiziarie: «Per quanto si affanni ad attaccare i carabinieri sostenendo la tesi del complotto non riuscirà mai a spiegare perché Carlo Russo, un amico di suo padre e non di Scafarto, entri nella stanza del Re degli appalti e si metta a trattare un compenso per sé e per Tiziano Renzi, ignaro delle richieste per i Pm», scrive Marco Lillo, autore dello scoop pubblicato nel 2016. «Ammettiamo anche che il capitano Scafarto abbia manipolato volutamente la famigerata intercettazione in danno di Tiziano, restano da spiegare ore di conversazioni tra Russo e Romeo ben più importanti di quella. Renzi continua a scrivere libri contro il Noe ma non scrive mai una riga contro Russo, definito millantatore dai pm. Non se ne esce: o il complotto è stato ordito anche da Russo, magari insieme ai Carabinieri, o il complotto è una balla», prosegue Lillo.
«Lo scoop, come era a tutti noto, è giunto al Fatto dagli avvocati e non dal pm Woodcock o dai Carabinieri. Ora Renzi torna a scrivere del complotto ma cambia tesi. Ovviamente scagiona Woodcock ma il suo obiettivo resta il Noe, cioé Ultimo e Scafarto. Perché allora un premier che considera (sbagliando) il Noe un corpo inaffidabile già nel 2015, per lo scoop sulla sua telefonata (che invece arrivava dagli avvocati) si sarebbe messo nei servizi segreti uno come Ultimo? Per avere la risposta bisognerebbe sapere se Renzi e Ultimo prima del passaggio ai servizi si incontrarono, cosa si dissero e chi li presentò. Sarà per il prossimo libro», conclude il Fatto Quotidiano.