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Il fantasy arriva a Istanbul. Ecco «The Protector», la prima serie Tv Netflix made in Turchia

15 Febbraio 2019 - 06:48 Cristin Cappelletti
L'industria delle serie turche è la seconda al mondo dopo quella americana. Nonostante la crisi politica, Netflix ha deciso di produrre la prima serie fantasy turca

«Ogni sera mia madre e mia nonna non si perdono una puntata di Aşk-ı Memnu», racconta aOpenHamzeh, uno studente iraniano che vive in Turchia da molti anni. Viene da Tabriz, una città nel nord-ovest dell’Iran al confine con l’Azerbaijan. «Le serie tv turche sono molto popolari nella mia regione, non solo per affinità culturali, ma anche linguistiche». Aski Memnu, amore proibito, è una nota serie romantica turca. Hamzeh, oltre al farsi, parla anche azero, una lingua cugina del turco.

Nella sua, e in molte famiglie mediorientali le serie turche sono molto popolari. L’industria delle serie turche è la seconda più grande al mondo dopo quella americana. Si stima che le entrate si aggirino sui 350 milioni di dollari l’anno. Una crescita in apparenza paradossale dopo il tentativo di colpo di stato del 2016 e la delicata situazione politica che ne è seguita.

Anche Netflix ha deciso di investire in terra turca con The Protector. La prima serie turca interamente prodotta dal colosso dell’industria delle serie americano è ambientata a Istanbul e narra le vicende di un ragazzo che scopre di appartenere a un’antica famiglia di supereroi e di dover salvare la città dal male. La scelta di Netflix ha contribuito ad accrescere la popolarità delle serie turche, già molto apprezzate in Medio Oriente e in America Latina.

«Sicuramente Netflix sta cercando di aumentare i suoi abbonati in Turchia e per farlo ha deciso di puntare su due aspettiin apparenza contrapposti della cultura turca. Da un lato, con The Protector, vediamo la necessità di proporre una serie fuori dagli schemi delle soap opera turche, costellate da temi prettamente conservatori e ripetitivi. Dall’altra, permane la presenza di elementi che possiamo definire “tradizionali” per fidelizzare, non solo un pubblico più conservatore, ma anche tutti coloro che guardanole serie tv per avvicinarsi in qualche modo ad un tipo di “oriente”», dice a Open Armağan Örki, ricercatore di Relazioni Internazionali presso la Trakya Üniversitesi di Edirne.

Jon Snow personaggio del Trono di Spade

Gli attori delle serie sono diventati più amati dei loro colleghi impegnati sul grande schermo. “Çağatay Ulusoy”, protagonista di The Protector, è molto popolare in Turchia. Una delle maggiori ragioni del successo delle serie è legato al forte attaccamento del pubblico agli attori, diventati degli eroi nazionali. «Dramma e azione possono essere trovate facilmente nelle serie turche. La storia di The Protector è una novità assoluta per un pubblico abituato a vedere storie fantasy americane, come il Trono di Spade», continua Armağan. Netflix ha inoltre introdotto un’altra caratteristica che ha reso le serie turche ancora più appetibili per un pubblico internazionale: la breve durata.

«Sono solo quaranta minuti. Nelle serie trasmesse in tv tra pubblicità e messa in onda si può arrivare fino a tre ore, una durata insostenibile al di fuori della Turchia». Uno strumento di soft power che la Turchia ha imparato a sfruttare, esportando la cultura turca oltre confine e presentando un modello di convivenza tra Islam e politica per molto tempo accettato e condiviso dalla maggior parte del mondo arabo e non solo. Temi come il nazionalismo sono diventati centrali nel discorso politico turco anche grazie alla riscoperta dell’eredità ottomana, attraverso prodotti come Muhteşem Yüzyıl, il secolo magnifico, incentrati sulla vita del sultano Solimano il magnifico.

«Le serie turche hanno molto in comune con la nostra cultura», raccontaYousef, siriano che vive ad Ankara da cinque anni. «Sono molto romantiche, e sono quasi tutte doppiate in arabo», come Kara Sevda (Eterno Amore), soap opera andata in onda dal 2015 al 2017 consacrando l’industria turca anche agli Emmy awards. La serie racconta le vicende di Nihan, una giovane artista obbligata a rinunciare a stare con Kemal, il suo vero amore, per salvare suo fratello dalla prigione e costretta a sposare Emir, un uomo che ha da anni un’ossessione morbosa per lei. Come The Protector, anche Kara Sevda è ambientata a Istanbul. Tra scorci delle acque del bosforo e kahvehane, casa del caffè, in cui godersi un tradizionale tè turco, le serie sono state un richiamo per il turismo in terra anatolica, come ci conferma Armağan.

Inoltre, le serie sono diventate un simbolo talmente caratterizzante della Turchia nel mondo da essere utilizzate come strumento in dispute politiche. Lo scorso marzo la tv satellitare saudita MBC ha cancellato tutte le soap opera turche, anche nel bel mezzo delle stagioni, in risposta al supporto di Ankara all’embargo imposto da Riad, e da altri stati arabi, al Qatar.

«Nonostante viva in Turchia da dodici anni, quando guardo soap opere turche scopro aspetti sorprendenti della cultura turca, soprattutto in fatto di nuove tendenze», confessa Anna. iraniana con passaporto turco. «Grazie a Netflix la produzione di serie tv sta variando molto in Turchia, per accontentare un pubblico molto variegato, ma anche per soddisfare le richieste in altri Paesi. Troviamo storie come Avrupa Yakasi, una sit-com com simile a quelle europee», ci racconta Armağan.

«Dall’altra parte abbiamo prodotti drammatici come Gülperi, la lotta di una madre per riavere le figlie da cui è stata separata. Un tentativo di diversificazione che quasi certamente aiuterà ad aumentare la popolarità delle serie turche in tutto il mondo».

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