L’articolo de «L’Unità» e i profughi istriani
Da anni circola la storia di un articolo del 30 novembre 1946de L'Unità che«sputava sui profughi istriani», come intitolava Il Giornale. In questi giorni, a ridosso della giornata del ricordo delle Foibe, è tornata a diffondersi anche grazie a immagini e tweet, come quello di Enrico Ruggeri:«Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre città. Non meritano la nostra solidarietà nè hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già scarsi».
Nei giorni successivi al 10 febbraio 2019, alcuni utenti contestarono il tweet di Ruggeri riportando altre parti del testo pubblicato il 30 novembre 1946 da L'Unità. L'undici febbraio l'utente @unochestaqua pubblica uno screenshot che riporta parzialmente l'articolo, ma quanto basta per comprenderne il contenuto e cercare il testo completo che ritroviamo su Digilander e siti come Leganazionale.it. Ad occuparsene in maniera approfondita è stata Nicoletta Bourbaki in un articolodel 14 febbraio 2019 su Medium.
Nell'immagine diffusa viene riportata solo una parte dell'articolo con intere frasi mancanti:
Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori.
Non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi.
Ecco il testo completo (sottolineiamo le parti presenti nell'immagine diffusa online):
Oggi ancora si parla di «profughi». Altre le persone, altri i termini del dramma. Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori.
I gerarchi, i briganti neri, i seviziatori ed i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e che vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza politica e comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi. Questi relitti repubblichini, che ingorgano la vita delle città e la offendono con la loro presenza e con l’ostentata opulenza, che non vogliono tornare ai paesi d’origine perché temono d’incontrarsi con le loro vittime, siano affidati alla Polizia che ha il compito di difenderci dai criminali.
Nel novero di questi indesiderabili, debbono essere collocati coloro che sfuggono al giusto castigo della giustizia popolare jugoslava e che si presentano quì da noi , in veste di vittime, essi che furono carnefici. Non possiamo coprire col manto della solidarietà coloro che hanno vessato e torturato, coloro che con l'assassinio hanno scavato un solco profondo fra due popoli.
L'autore dell'articolo del 1946, l'allora vicesindaco di Milano con delega all'urbanistica Piero Montagnani, faceva riferimento ai«gerarchi, i briganti neri, i seviziatori ed i profittatori», ritenuti criminali di guerra in fuga dalla Jugoslavia. Il testo originale continua così:
Aiutare e proteggere costoro non significa essere solidali, bensì farci complici. Ma dalle città italiane ancora in discussione, non giungono a noi soltanto i criminali, che non vogliono pagare il fio dei delitti commessi, arrivano a migliaia e migliaia italiani onesti, veri fratelli nostri e la loro tragedia ci commuove e ci fa riflettere.
Piero Montagnanifa riferimento a quelli che considera criminali di guerra provenienti dalla Jugoslavia, mentre mostra la sua apertura all'accoglienza nei confronti degli«onesti» e dei «veri fratelli» provenienti da quelle terre.