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Dirty John: è di Netflix la nuova serie tv tratta da un podcast

16 Febbraio 2019 - 14:56 Giulia Marchina
Non è la prima volta che gli sceneggiatori attingano da contenuti audio scaricabili da Internet. E il fenomeno pare sia destinato a ripetersi

Quando il mondo del podcast incontra quello del cinema succedono cose come la nuova serie tv Netflix, Dirty John. Non è la prima volta che accade: esistono già casi in cui, in seguito alla pubblicazione di podcast (solitamente contenuti audio del mondo della radio scaricabili via Internet), siano nate serie tv. E questo fenomeno è probabile si ripeterà ancora e ancora. I due mondi (podcast e cinema) non viaggeranno su binari paralleli, ma è prevedibile interagiranno sempre di più, strizzando l’occhio agli sceneggiatori che si ritroveranno ad avere una quantità di spunti narrativi non indifferente da cui attingere.

Nel caso di Dirty John – disponibile dal 14 febbraio su Netflix-, la serie è ispirata alla storia vera e raccontata da un giornalista del Los Angeles Times nel podcast omonimo e scaricato da 30 milioni di utenti e che ha come oggetto la vicenda realmente accaduta a Debra Newell, l’ultima vittima di John Meehan, un tossico che adescava e sposava donne ricche per spremerle finché gli erano utili. Il tutto condito da stalking, bugie e psicosi.

La serie Netflix funziona, televisivamente parlando, anche e soprattutto per il cast protagonista capitanato da una eccellente Connie Britton che presta il volto alla Newell, e le cui capacità di attrice sono sempre state relegate a serie un po’ border come Nashville (vecchio cavallo di battaglia di Sky). Abbiamo poi Eric Bana, che i più ricorderanno nel ruolo di Ettore fratello di Paride nel colossal americano Troy, e che in questo caso è il «dirty John» della situazione.

La sua interpretazione vale i tre quarti della serie, e questo perché è stato in grado di modulare due diversi registri con facilità: quello del compagno e poi marito, amorevole, fin troppo premuroso ai limiti dello stucchevole, e quello dello psicopatico. Le due anime di John si amalgamano così bene che in alcuni passaggi del film non si capisce dove stia il confine. Che, in fin dei conti, è estremamente labile. 

La cornice entro cui è costruito l’impianto narrativo della storia è quello del patinato mondo di Newport Beach, in California. C’è la moda, l’arredamento di interni di lusso, il glamour. La sceneggiatrice di punta della serie è Alexandra Cunningham, che ha all’attivo un’altra serie molto glam: Desperate Housewives. Dunque non ci sarebbe da stupirsi se lo zampino volto all’ostentazione estetica fosse il suo. 

Dirty John è un lavoro che, tutto sommato, sta in piedi da solo. La trama è articolata in modo tale da dare l’impressione che più si va avanti con gli episodi (otto in tutto), più si assiste ad un’ escalation psicotica del protagonista. La nota dolente è forse aver trascurato alcuni aspetti del carattere di Debra, tralasciando il lato dell’introspezione psicologica, così come quello di non aver dato giustificazione ad alcune decisioni da lei prese man mano che la storia si dipana.

Se questa fiction non dovesse piacervi, prendetela almeno come ottimo esempio di relazione tossica: in Dirty John i segnali che la descrivono ci sono tutti. 

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