Giordano Bruno, il filosofo diventato un fenomeno pop
Era un giovedì grasso, il 17 febbraio del 1600, quando alle prime luci dell’alba a Campo dei Fiori, a Roma, Giordano Bruno veniva condotto in piazza con la lingua in giova – serrata da una briglia di ferro perché non potesse parlare – per essere bruciato vivo perché «eretico, impenitente, pertinace».
Una settimana prima il tribunale della Santa Inquisizione romana, presieduto dal papa, l’aveva condannato al rogo. Lui, dopo aver ascoltato la lettura della condanna, si era alzato in piedi pronunciando la famosa frase «Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam» («Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla»). Mentre Bruno ardeva vivo in mezzo alla piazza, i suoi scritti, posti all’indice dei libri proibiti, venivano dati alle fiamme sulla scalinata della basilica di San Pietro.
C’è da dire che la sua non era stata tanto una lotta contro i dogmi della Chiesa, quanto più un tentativo di portare avanti idee che, più di 400 anni fa, erano all'avanguardia. E per questo mal si sposavano con la mentalità bigotta dell’epoca. Aveva sostituito il principio divino con la natura; alla morale dei precetti aveva preferito quella che oggi chiameremmo etica laica. Alla politica del potere di alcuni, Giordano Bruno contrapponeva una società, dove nessuno fosse escluso dal diritto di avere diritti e dove la dignità è questione politica e sociale.
Era senza dubbio un personaggio che stava un passo avanti: scevro da ogni tipo di sudditanza intellettuale, morale, sociale, politica, economica; ribelle verso chi vorrebbe il popolo «gregge». Ostile verso coloro che portano tanti a farsi «guidare con la lanterna della fede, cattivando (imprigionando, ndr) l’intelletto a colui che gli monta sopra et, a sua bella posta, l’addirizza e guida».
Nemico di quei molti intellettuali, che «vanno a buon mercato come le sardelle, perché come con poca fatica si creano, si trovano, si pescano, cossì con poco prezzo si comprano».
Bruno negli anni è rimasto sulla cresta dell'onda tanto da essere diventato un personaggio della cultura pop, cui addirittura vengono dedicate canzoni o stampe sulle magliette. Se pensiamo al filosofo, forse uno dei primi ricordi è legato al mondo del cinema: nel 1973 Giuliano Montaldo realizza il primo film sulla vita di Bruno e Gian Maria Volontè presta il volto al personaggio.
Varie sono le produzioni successive (l’ultima è del 2012) in cui Giordano Bruno appare anche solo per un «cameo», come le celebrità, che si prestano a qualche secondo di girato per abbellire una pellicola.
Nel mondo della musica, poi, è arrivato a scomodarsi il rap per rendergli omaggio: celebre è il brano di Caparezza, uscito nel 2011, «Sono il tuo sogno eretico», cui il cantante dedica una strofa-mini storia:
«Infine mi chiamo come il fiume/ che battezzò colui nel cui nome fui posto in posti bui,/ mica arredati col feng shui./ Nella cella reietto perché tra fede e intelletto ho scelto il suddetto,/ Dio mi ha dato un cervello, se non lo usassi gli mancherei di rispetto./ E tutto crolla come in borsa,/ la favella nella morsa,/ la mia pelle è bella arsa./ Il processo? Bella farsa!/ Adesso mi tocca tappare la bocca nel disincanto lì fuori,/ lasciatemi in vita invece di farmi una statua in Campo de' Fiori!/ Mi bruci per ciò che predico, / è una fine che non mi merito, / mandi in cenere la verità / perché sono il tuo sogno eretico.»
Non solo. Il pensiero di Bruno si è spinto anche oltreoceano: la metal band Californiana Avenged Sevenfold lo ha omaggiato con il brano intitolato Roman Sky presente nell’album The Stage uscito il 28 ottobre 2016.
E che dire dei fumetti e del merchandising? Dal disegnatore Demetrio Piccini alle tshirt in vendita su siti specializzati, sono davvero infiniti gli esempi che mischiano mondo dell'arte a quello di Giordano Bruno. Praticamente, una celebrità.