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Esce in Italia «Lego Movie 2», come i mattoncini sono passati dalla plastica ai pixel

20 Febbraio 2019 - 17:26 Valerio Berra
Il 21 febbraio debutta al cinema il sequel di «Lego Movie». L'azienda di mattoncini è nata nel 1932 a Billund, in Danimarca. All'inizio i suoi giocattoli erano in legno, e non si potevano assemblare. Ora è pronta una linea che integra anche la realtà aumentata

Prima il legno, poi la plastica e ora i pixel. I primi giocattoli Lego sono stati creati nel 1932 a Billund, Danimarca. Balocchi in legno, non smontabili. Pochi anni dopo è arrivata la plastica, e l'idea dei mattoncini. Da qui è iniziata un un'onda di pezzi colorati che hanno invaso le camerette dei bambini e riempito le scatole dei regali di Natale. Il 21 febbraio esce in Italia Lego Movie 2 – Una nuova avventura, l'ultimo atto di una nuova rivoluzione per l'azienda danese, quella digitale.

Il nuovo titolo è il sequel di Lego Movie, pellicola uscita nel 2014. Come nel capitolo precedente, anche in questo caso la sceneggiatura è stata affidata a Phil Lord e Christopher Miller. La regia invece è guidata da Mike Mitchell. La pellicola è ambientata nell'universo Lego, non solo i protagonisti ma anche gli scenari, gli asteoridi, l'acqua e i laser spaziali sono fatti di mattoncini colorati.

I linguaggi mischiati di «Lego Movie 2», tra vita reale e computer grafica

Il film riparte da Bricksburg, la città interamente costruita con i Lego che Emmet e Lucy, protagonisti della pellicola precedente, erano riusciti a salvare da Lord Business. Da quel lieto fine sono passati cinque anni. Bricksburg è stata attaccata da mostri fatti di Duplo, i Lego creati per un pubblico più piccolo. Ora la città si chiama Apocalypseburg e sembra la scenografia di Mad Max.

I protagonisti e gli oggetti di scena sono tutti animati in computer grafica, con un effetto che cerca però di confondere le idee. I blocchi di plastica sono realizzati in modo così realistico, con tanto di aloni e e graffi dovuti all'usura, che tutto il film sembra girato in stop motion. Le scene sembrano essere state create fotografando dei veri set di Lego.

L'intreccio di linguaggi diversi è proprio la chiave su cui si basa questo film. È girato in computer grafica, sembra realizzato in stop motion e inserisce anche sequenze in live action, in cui attori in carne e ossa entrano in scena. È proprio qui che il piano del fantastico incontra quello del reale. Il mondo in cui vivono Emmet e Lucy non è una dimensione parallela. Loro, come gli altri protagonisti, sono i giochi di un ragazzo appassionato di Lego e quindi quello che vediamo sulla pellicola non sono altro che le storie create dalla sua fantasia, o quasi.

Il film dovrebbe essere rivolto ai bambini ma, come spesso succede per le pellicole di animazione, strizza l'occhio anche ai più grandi. Notevole una battuta a ridosso del finale. In un momento di sconforto, in cui tutto sembra perduto e il buio avvolge la scena uno dei protagonisti si lascia andare a una considerazione: «Ora capisco le canzoni dei Radiohead».

Lego verso i pixel: videogiochi, film e realtà aumentata

Il passaggio dalla plastica ai pixel per costruire i mattoncini di Lego è iniziato nel 1997 con il videogioco Lego Island. Da qui l'azienda si è spostata sempre di più verso questo settore. Sono arrivati altri videogiochi, i film e ora anche Hidden Side, una linea di costruzioni con cui si possono creare ambienti di gioco integrati con la realtà aumentata. Il digitale può essere una strada per rispondere ai segni di cedimento mostrati dal mercato dei mattoncini tradizionali. Nel 2017, per la prima volta dopo 13 anni in positivo, il fatturato di Lego è calato dell'8%. In termini di utile netto una discesa da 9,4 miliardi di euro del 2016 a 7,8 miliardi di euro.

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