La grande bufala del prosciutto cinese
Circola dal 29 gennaio 2019 un video dove quello che sembra un prosciutto crudo disossato contraffatto, composto al suo interno da scarti della lavorazione di una macelleria. Durante il video, in un rigoroso silenzio fino a una risatina finale, vengono mostrate l’etichetta frontale con il nome del presunto prosciuttificio e quella sul retro riportante informazioni come pesi, scadenza e il numero di lotto.
In un video successivo, pubblicato il 2 febbraio da pagine come Anonymous ottenendo oltre un milione di visualizzazioni, osserviamo una scena simile commentata da dei ragazzi all’interno di quella che sembra una macelleria o locale adibito al confezionamento dei prodotti alimentari.
Non viene mostrata alcuna etichetta, al contrario del precedente video che però viene citato dai ragazzi per sostenere che non era una bufala, ma sono le loro parole a spianare la strada alle polemiche: «questi sono i prosciutti cinesi».
È soprattutto il secondo, quello privo di informazioni utili, a diventare virale. In molti, di fronte alle accuse di un prodotto contraffatto da presunti cinesi, hanno risposto sostenendo che si tratterebbe di un prodotto italiano derivante a una truffa o uno scherzo di cattivo gusto, ma questo potrebbe accadere anche all’estero.
Infatti, il video sta circolando anche in Francia e viene associato ancora ai cinesi («Des jambons “Made in China” en Europe»), ma quanto ci vorrà perché i commentatori francesi si rendano conto dell’altro video e notando l’etichetta inizino a insinuare che non bisogna fidarsi del Made in Italy?
Pagine Facebook come Io Sono Italia hanno condiviso il secondo video con il seguente messaggio:
PROSCIUTTI CINESI SPACCIATI PER PROSCIUTTI NAZIONALI.
State bene attenti a cosa acquistate in certi supermercati perché sta girando questa roba. Prosciutto nazionale in offerta, che di nazionale non ha nulla, ma che costa poco ed e dunque appetibile a quella fascia di clientela che di certo non può spendere 4/5 euro l’etto per il prosciutto di Parma. Questi ragazzi in un macello ne hanno smembrato uno di questi prosciutti di importazione cinese, un prosciutto ben confezionato certamente, ma ecco che cosa c’è dentro. Praticamente prendono la coscia del prosciutto, la svuotano lasciando la parte esterna intatta, la riempiono poi con scarti di lavorazione e la pressano in forme apposite per ridargli l’iniziale morfologia. Dentro c’è di tutto come vedete, un vero schifo insomma che io vi consiglierei vivamente di non mangiare nemmeno se ve lo propongono ad un euro l’etto. Lasciate perdere, credetemi è solo porcheria.
Questi prodotti non li troverete nei supermercati italiani e non possono essere importati in Europa. Per spiegare il perché dobbiamo partire dal primo video, citato in quello dei due ragazzi che a un certo punto dicono «come nel video – come nel video censura».
Osservando attentamente notiamo l’etichetta con il nome del presunto prosciuttificio «L’Antica Cantina dei Sapori», il che farebbe pensare che ci sia appunto un marchio italiano. Tuttavia, non troviamo riscontri online e dalla banca dati dei marchi registrati presso il sito del Ministero dello Sviluppo economico.
Il fronte del finto prosciutto dove leggiamo il nome del presunto marchio
Sempre nel primo video, l’etichetta sul retro risulta molto scarna con informazioni sugli ingredienti come «Carne di Suino», il peso e la data di scadenza, ma soprattutto manca il bollo CE previsto per gli stabilimenti in cui si lavorano prodotti di origine animale.
L’etichetta presente sul retro del finto prosciutto
Chi vuole operare nel settore della macelleria, ad esempio, deve rispettare dei requisiti specifici di igiene e può operare solo se ottiene un numero di riconoscimento. Questo numero, che identifica lo stabilimento, si trova nel bollo tra il codice ISO del Paese (nell’esempio sotto «IT») e l’abbreviazione della Comunità Europea («CE»).
I prodotti provenienti dai paesi extracomunitari possono essere venduti liberamente all’interno dell’Unione europea senza il bollo? Anche loro devono rispettare la normativa europea (Regolamento CE n.852/04 e n.853/04) compresa l’applicazione della bollatura sanitaria e la marchiatura di identificazione.
Un esempio di corretta etichettatura di un prosciutto San Daniele.
Potrebbe trattarsi di uno scherzo, ma nel caso del primo video – quello con l’etichetta – potremmo parlare di un prodotto da vetrina al solo scopo pubblicitario e non in vendita al pubblico, come spiega Fabrizio Malara, proprietario di un negozio di alimentari in Friuli:
Sono prosciutti ricomposti con scarti ed usati per esposizione nelle vetrine dei negozi o appesi dietro i banchi salumi. I prosciutti invece sempre in esposizione con zampino sono prosciutti veri ma difettosi e non vendibili. Tutto quello che si può vendere non viene messo in esposizione.
Non troverete, dunque, certi prodotti nelle vostre tavole.