La sposa dell’Isis vuole tornare nel Regno Unito, ma Londra le revoca la cittadinanza britannica
Shamima Begum è nata e cresciuta a Londra, è di nazionalità britannica. A soli 15 anni ha lasciato la sua casa nella capitale inglese per volare in Siria dove si era sposata con uno jihadista del sedicente Stato Islamico. A seguito delle diverse sconfitte subite dal gruppo estremista, Shamima ha vissuto gli ultimi mesi in un campo profughi in Siria e ora chiede di poter tornare a casa. Ma il governo inglese non solo ha negato la sua richiesta, ma ha anche deciso di revocarle la cittadinanza.
Shamima è madre di un bambino partorito da pochi giorni: «È una decisione che mi ha spezzato il cuore – ha commentato la ragazza a ITV News – È frustrante. Sento sia stata commessa un'ingiustizia verso di me e il mio bambino». Il segretario di Stato per gli Affari Interni del Regno Unito, Sajid Javid, ha mandato una lettera alla sua famiglia informandola di aver emesso un ordine per la revoca della cittadinanza della ragazza.
Una scelta che, secondo il diritto internazionale, sarebbe illegale. Ai governi non è infatti permesso rendere un individuo apolide. Ma Javid ha giustificato la sua decisione appigliandosi alle origini bengalesi della famiglia della ragazza e al fatto che possa ottenere una seconda cittadinanza, nonostante Shamima abbia dichiarato di non essere mai stata in Bangladesh.
L'ordine di revoca della cittadinanza
Il caso ha ovviamente sollevato molte critiche. «La decisione del Segretario di Stato è una chiara violazione del diritto umanitario internazionale ed è inoltre un fallimento nei nostri obblighi verso la comunità internazionale», ha commentato la deputata laburista Diane Abbott.
Solo lo scorso anno 400 inglesi sono tornati nel Regno Unito dopo aver combattuto per gruppi come l'Isis in Medio Oriente. Secondo il Centro Internazionale per l'Anti-Terrorismo (ICCT), la presenza media femminile è stimata al 17% con tendenza crescente fino al 20% del totale dei foreign fighters europei oscillante tra 3922 e 4294 individui, come rilevato anche da un rapporto ISPI.
La questione dei foreign fighters di ritorno, soprattutto in vista della sconfitta dell'Isis, almeno dal punto di vista territoriale, pone un grosso interrogativo all'Europa su come gestire i combattenti di ritorno. Per quanto riguarda l’Italia, dal 2014 al 2017, hanno lasciato il Paese 125 persone, di queste 12 sono donne (di cui sei convertite, sette con sola cittadinanza italiana, e tre con doppio passaporto).
Forze Democratiche Siriane alla periferia di Baghouz, 19 febbraio 2019
I foreign fighters catturati in Siria sono a oggi nelle mani delle SDF, le Forze Democratiche Siriane, una coalizione a guida Usa composta da curdi e arabi. Con l'approcciarsi della caduta dell'ultimo enclave in mano ai jihadisti, le SDF non potranno mantenere a lungo il controllo dei prigionieri e chiedono che i Paesi di origine si facciano carico di processare e riaccogliere i combattenti estremisti. La debolezza dello Stato siriano, così come quella dei suoi vicini, nonché l'instabilità di un'area sempre in continuo conflitto, sono terreno fertile per il radicalizzarsi di gruppi e soggetti legati a movimenti jihadisti salafiti.
Revocare la cittadinanza a Shahima non solo costituisce una violazione della legge internazionale, ma rischia di mettere i semi per un'ulteriore radicalizzazione di movimenti e combattenti che operano in un'area troppo instabile e costellata da conflitti e miseria. La decisione del Regno Unito sembra essere una scappatoia camuffata da scelta pragmatica e razionale che mette luce sulle debolezze di un'Europa che con una mano cerca la pace, e con l'altra si rifiuta di offrire il suo aiuto al momento del bisogno.