Quella volta che «Radio Radicale» si salvò grazie al Paese reale e a «Radio Parolaccia»
Non è la prima volta che Radio Radicale rischia la chiusura. Nel luglio del 1986 l'emittente, nata come "radio libera" e che trasmetteva già allora integralmente e senza mediazioni giornalistiche gli eventi quotidiani della politica, annuncia la chiusura per l'insostenibilità dei costi di gestione. La radio infatti non riceve, in quegli anni, finanziamenti pubblici diretti per il suo servizio:tutto si sostentacon la quota che riceve il Partito Radicale, girata all'emittente. Quando, a luglio del 1986 aumentano icosti di gestione, RRannuncia la chiusura.
E qui l'idea di Marco Pannella per denunciare la possibilità di perdere una voce diretta del Parlamento èrivoluzionaria: le trasmissioni vengono sospese, ma vengono attivate delle segreterie telefoniche in cui gli ascoltatori possono dire quello che vogliono per un minuto, con il solo obbligo di specificare nome di battesimo e luogo di provenienza. Le cassette vengono poi mandate in onda senza tagli e senza censure.
Il risultato? «Naturalmente ci fu il primo che cominciò quasi subito a dire parolacce, cose infantili e inaudite, e scattò il fenomeno imitativo», racconta oggi Massimo Bordin, voce storica dell'emittente e protagonista da 40 anni della rassegna stampa di Radio Radicale. «Ci fu un grande dibattito in redazione. C'era ci diceva che stavamo rovinando la credibilità della radio». A «salvarli» arriva l'editore, Marco Pannella. «Disse no. Vogliono il paese reale? E il paese reale è questo», racconta Bordin. Il risultato è oggi conservato sul sito di Radio Radicale, un «patrimonio di 'voci senza nome'» che «costituiscono un dato di notevole importanza, sia dal punto di vista sociologico che da quello glottologico».
Parolacce, turpiloqui, sessismo, volgarità, ma anche il divario tra nord e sud, gli sfoghi, le risate. È il 14 agosto del 1986 quando arriva il decreto di sequestro delle segreterie telefoniche usate dalla radio, per i reati commessi da chi chiamava (tra gli altri, apologia di fascismo e vilipendio). Due mesi dopo interviene il Parlamento e salva Radio Radicale, però «estendendo alle radio il finanziamento pubblico all’editoria di partito» invece «di assegnare alla radio un contributo per il servizio pubblico svolto». È qui che la radio diventa«organo di partito» persopravvivere.
L’iniziativa – chiamata Radio parolaccia – è statareplicata ancora nel 1991 e nel 1993. Molti «deliri» sono raccolti inSono Asdrubale, chiamo dall'isola di Pasqua,scritto da Jill Anaeli e pubblicato da Nuovi Equilibri.
Quanto manca Marco Pannella alla politica italiana oggi?«Moltissimo. Era uno che riusciva a rovesciare le questioni politiche come un guanto e cercava di trovare il verso giusto. Ho imparato a fare il giornalista sul serio proprio a Radio Radicale«», dice ancora Massimo Bordin, «Quando mi spiegavano: "Sì, devi tenere conto di quello che dicono i giornali"- si erano accorti che ero portato a farli, i paragoni e i paralleli su come la stampa presentale cose – "però quello che dobbiamo fare noi è trovare un altro filo: ci deve essere un altro filo per raccontare la politica".Puoi stare per strada e nel palazzo. La cosa essenziale: non fare quello che fanno gli altri. C'è sempre un altro modo di vedere le cose, e quello è quello nostro: questo ho imparato da Pannella».
Il leader radicale «era un grande politico, e però con una mentalità giornalistica. Che applicava alla politica. E veniva fuori quello che i cronisti parlamentari – un po' così, non originalissimi – chiamano lo "spariglio": trovare il modo di far passare un tuo obiettivo che nessuno ha mai preso in considerazione,che però ritieni importante e poi scopri che anche la gente lo ritiene tale. Questa era la capacità di Pannella ed è quello che ha fatto con il divorzio, con le droghe leggere e con quelle pesanti per la legalizzazione, e con tante altre cose».