Omicidio del fotoreporter Rocchelli, il documento alla base del processo potrebbe essere «falso»
Quanto le fonti anonime e le falsità possono intaccare la nostra vita quotidiana? Ammettiamolo, anche troppo. Immaginate di trovarvi di fronte all’accusa di aver commesso un reato e che nei vostri confronti vengano presentate a processo delle prove «trovate su Internet» che ritenete artefatte. Non ci dormireste la notte, perché oltre a dover smentire l’accusa nei vostri confronti dovreste pure lottare contro quelle che ritenete falsità per farvi perdere il processo. Potrebbe essere successo ieri, venerdì 22 febbraio 2019, durante il processo Markiv-Rocchelli. Il 24 maggio 2014 il fotoreporter pavese Andrea Rocchelli si trovava a Slavianks, a Nord di Donetsk (Ucraina) per raccontare il conflitto tra gli ucraini e gli indipendentisti filorussi. Si era diretto a bordo di un’auto, insieme all’attivista dei diritti umani Andrei Mironov e il giornalista francese William Roguelon, verso il luogo di un attentato, arrivando però troppo tardi per raccontarlo. Appena arrivati sul posto, qualcuno aveva aperto il fuoco contro di loro, costringendo i tre a rifugiarsi in un fossato mentre l’autista scappava lasciandoli al loro destino. Solo William Roguelon è tornato a casa.
Il principale accusato dell’omicidio di Rocchelli si chiama Vitaly Markiv, italo ucraino in servizio della Guardia Nazionale Ucraina, arrestato in Italia il 30 giugno 2017 durante una visita a casa di sua madre. Non entreremo nei dettagli del processo e delle varie sfumature che lo riguardano, ma quello che è successo ieri, 22 febbraio 2019, presso l’aula della Corte d’Assise del Tribunale di Pavia scriverà un nuovo capitolo di come Internet e una fonte sconosciuta possano inquinare o meno un processo. Un «documento esclusivo» dell’Unità ucraina 3066 certificherebbe, secondo l’accusa, che la lista dei testimoni della difesa di Markiv sarebbe inattendibile perché si sarebbero messi d’accordo, nel 2017, sulla versione da fornire al processo. L’unica fonte del documento è un sito filorusso Rusvesna.su (Russkaja Vesna – Primavera russa).
Quello stesso e identico documento era stato smentito dalla stessa Guardia Nazionale ucraina dal loro sito ufficiale Ngu.gov.ua spiegando il tutto in 5 punti:
- il cognome del Generale Colonnello Allerov Y.V. è scritto con una «elle» (punto 1 nella foto sottostante);
- il numero 287 del documento non risulta prodotto dall’unità militare 3066 segnata in alto a sinistra, inoltre risulta diversa la numerazione della documentazione esterna della stessa unità;
- il timbro usato non corrisponde a quello dell’unità 3066 (punto 2 nella foto sottostante);
- l’unità militare 3066 non risponde direttamente al Comando Generale della Guardia Nazionale ucraina e quindi al Generale Allerov Y.V.;
- la corrispondenza in uscita da parte dell’unità militare 3066 non viene approvata da un sigillo – come quello presente nella seconda pagina – che oltretutto risulta sfumato e passabile per manomesso una volta osservato nel dettaglio (punto 4 nella foto successiva a quella sottostante).
La difesa di Markiv, guidata dall’avvocato Raffaele Della Valle, sentito telefonicamente da Open, è a conoscenza della smentita delle autorità ucraine e considera il documento una «fake news». Dovremmo aspettare la prossima udienza per vedere se questo documento verrà ritenuto credibile o no dalla Corte d’Assise italiana. Arrivare alla verità nei confronti di Andrea Rocchelli e di tutti i soggetti convolti direttamente o indirettamente nel processo è un traguardo fondamentale, ma dobbiamo stare sempre più attenti perché un documento come questo, se confermato come falso nelle prossime udienze, potrebbe comparire in altre aule di tribunale e usato per incolpare o scagionare qualcuno, soprattutto se proveniente da fonti «anonime» trovate online.