Si dimettono i sette manager di Amnesty international accusati di bullismo e sessismo
Sette dirigenti di Amnesty International hanno dato le dimissioni dopo che un report dell’organizzazione KonTerra Group ha messo in luce il clima «tossico» che regna nella sede britannica dell’organizzazione non governativa. L’indagine è stata condotta da un team di psicologi in seguito ai suicidi di due dipendenti, Gaëtan Mootoo e Rosalind McGregor, avvenuti nel 2018. Secondo il rapporto la dirigenza si è resa protagonista di atti di bullismo, umiliando pubblicamente i propri dipendenti. «I manager li sminuiscono nelle riunioni, escludono deliberatamente lo staff o fanno commenti del tipo “sei una merda” o “dovresti licenziarti”».
È dagli anni ’90 che Amnesty ha la reputazione di essere un’organizzazione che produce lavoro di alta qualità in un clima molto teso. Aggettivi come «tossico» o «ostile» sono stati usati per descrivere l’ambiente dell’ong da più di vent’anni. Lo staff ha riferito che non sono rari gli episodi di discriminazione razziale e di genere e che impiegati LGBTQI hanno affermato di essere stati trattati ingiustamente. Accusati di abuso di potere, i dirigenti si sono scusati e hanno presentato le dimissioni, precisando che ad intensificare la pressione sugli impiagati è stata una nuova riorganizzazione che ha decentralizzato il lavoro per mettere i dipendenti a più stretto contatto con il territorio.
I sette dirigenti sono tutti direttori senior di vari dipartimenti. Anna Neistat della ricerca, Thomas Schultz-Jagow, di campagne e comunicazione, Colm Ó Cuanacháin, dell’ufficio del segretario generale, Julie Verhaar, della raccolta fondi globale, Minar Pimple delle operazione globali, Richard Eastmond di persone e servizi e Tawanda Mutash di leggi e politiche.
Il segretario generale, Kumi Naidoo ha già risposto che potrebbe non accettare tutte le dimissioni, ma ha ammesso che il rapporto della società KonTerra Group dà un’immagine lugubre della gestione interna di Amnesty International e fa luce su un’allarmante mancanza di fiducia. «Sono tempi pericolosi e c’è più bisogno che mai di Amnesty. C’è bisogno che il nostro staff sia nelle condizioni di rafforzare le nostra campagne e il nostro attivismo per vincere le grandi battaglie che ci stanno davanti» ha commentato in un comunicato.