Caso Cucchi, il pm a Tomasone: «I carabinieri hanno anticipato un’autopsia rivelatasi sbagliata»
È stata una testimonianza difficile quella di Vittorio Tomasone,il più alto ufficiale coinvolto nella vicenda Cucchi: attualmente è il comandante del gruppo interregionale dell'Arma, ma all'epoca dei fatti era a capo del gruppo provinciale di Roma.
Tutto ciò che è accaduto in seguito alla notte del fermo di Stefano, avvenuta tra il 15 e il 16 ottobre 2009, è stato coordinato da lui ed è per questo che la parte civile, Ilaria Cucchi, ha chiesto che fosse sentito, d'accordo con il pm Giovanni Musarò.
Tra le incongruenze di cui il pubblico ministero ha chiesto conto, c'è il fatto che Tomasone era atutti gli elementi contenuti nell'autopsia prima ancora che questa fosse depositata agli atti.
La deposizione
Le date, in questa vicenda sono particolarmente significative. Il 1 novembre 2009, infatti, il consulente della procura, professor Tancredi, scrive agli atti che ha bisogno di altri esperti che lo affianchino per proseguire le analisi. Il 3 novembre, due giorni dopo, nella cartellina sui fatti in continuo aggiornamento da parte dello stesso comandante generale Tomasone – e destinata al ministro Angelino Alfano – appare una nota molto specifica.
Tomasone conosce già l'esito degli accertamenti che faranno gli esperti dei quali il professor Tancredi ha chiesto il sostegno: sa che diranno che c'è sangue nello stomaco, che il coccige di Cucchi è fratturato e che «non c'è nesso di casualità tra l'eventuale pestaggio e la morte».
Addirittura l'atto parla del fatto che il 30 settembre, prima dell'arresto, Cucchi era caduto e si era fatto visitare in un ospedale romano. Nel suo appunto, Tomasone usa anche l'espressione «gli esperti»,senza specificare a chi si riferisca. Alla richiesta di spiegazioni il comandante non ha saputo dire come avesse ricevuto quei documenti.
Gli atti
Il pm titolare del fascicolo di indagine sulla morte di Stefano Cucchi ha aperto il dibattimento di oggi, 27 febbraio, con un nuovo deposito di atti. I documenti sono relativi in particolare alle indagini interne fatte nel 2009 e, dice il pm, dimostrano che fin dal principio i dati furono falsati in modo che tutti gli elementi raccolti finissero per mettere sotto accusa gli agenti della penitenziaria che avevano portato il ragazzo in aula per la convalida del fermo.
Il pm Giovanni Musarò
Il depistaggio, dice Musarò, sarebbe partito dopo le 15.38 del 26 ottobre 2009, cioè dopo le dichiarazioni di Luigi Manconi e Patrizio Gonnella riprese dall'Ansa che sintetizzavano le parole del padre di Stefano (l'uomo ha sempre detto che il ragazzo stava bene la sera della perquisizione e invece arrancava all'udienza di convalida).
Alle 16.46, un'ora dopo i fatti, la Compagnia Casilinachiede indicazioni al comando provinciale su come muoversi. Da lì sarebbero state create annotazioni «mai date ai pm ma al ministro Angelino Alfano, che si è trovato a mentire a sua insaputa davanti al Parlamento».«L'appunto è stato mandato il 3 novembre – dice ancora Musarò – sulla base degli atti arrivati al comando provinciale».
Quei documenti, però, erano bacati. E, conseguentemente, il ministro Alfano «dichiara il falso» e sulla base del suo racconto è partita una «difesa a spada tratta dell'Arma». Quali sono i punti sui quali si mente? Almeno tre dice il pm:
- Cucchi, è la versione fasulla, è stato collaborativo nel corso del fermo;
- si omette il passaggio nella compagnia Casilina;
- al momento dell' arresto il ragazzo non stava bene.
Le coincidenze con la perizia sbagliata
Non solo. L'elemento ancor più paradossale, dice ancora il magistrato, è la coincidenza tra gli atti confezionati dai carabinieri, che molto si sbilanciano sulle condizioni di salute di Cucchi, e la perizia che poi consegnerà al tribunale il perito, professor Arbarello.
Anche qui gli elementi poi rivelatisi falsi sono tre ma appunto, la cosa sospetta è che questi siano poi tutti finiti nella relazione peritale, sebbene gli atti dei carabinieri facessero parte di un carteggio diretto esclusivamente al ministero dell'Interno.
«Viene detto che Cucchi aveva dichiarato di essere anoressico, invece nel corso dell'udienza di convalida ha dichiarato di essere celiaco e anemico – spiega Musarò – si parla di una frattura risalente nel tempo mal curata, ma la vertebra interessata sarà segata durante la perizia, si parla di un attacco epilettico avvenuto nella Caserma di Tor sapienza, ma il carabiniere di guardia ha sempre dichiarato che non c'era stato alcun attacco».
Ilgenerale Vittorio Tomasone
Il nuovo filone di indagine, che procede parallelamente al processo, si sta concentrandoproprio sulle verifiche successive alla morte di Stefano Cucchi.La tesi a cui lavora la procura – sostenuta dall'acquisizione di atti modificati o parziali,redatti quella notte, e da diverse iscrizioni al registro degli indagati – è che nomi anche importanti della scala gerarchica abbiano contribuito a omettere o cancellare prove decisive lasciando così che la prima indagine si concentrasse sugli agenti della polizia penitenziaria, poi assolti.
Al momento, è iscritto al registro degli indagati per falso Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma e dunque l'ufficiale che riferiva direttamente a Tomasone. Secondo la testimonianza del tenente colonnello Antonio Cavallo, fu Casarsa che diede indicazione ai comandanti delle stazioni coinvolte (com'è noto quella notte Cucchi passo in più di una stazione del quadrante Roma Sud, anche se il pestaggio sarebbe avvenuto durante il fotosegnalamento) di modificare le relazioni per eliminare ogni elemento che potesse far anche solo sospettare che qualcuno sapesse qualcosa o avesse segnalato situazioni anomale.
Tomasone ha sempre dichiarato di non aver mai saputo nulla di quanto era accaduto a Cucchi ed ha a lungo sostenuto l'estraneità dell'intera Arma ai fatti. Nel corso dell'udienza di oggi, però, dovrà dare spiegazioni davanti ad una mole di indizi che si è fatta parecchio corposa.