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La foto della fossa comune dei maiali

27 Febbraio 2019 - 12:41 David Puente
Circola online la foto di una specie di fossa comune per maiali e un post dove si denuncia il loro maltrattamento, ma non spiega il contesto e il motivo della mattanza. Ecco cosa è successo.

Dal 22 febbraio 2019 circola la foto di una specie di fossa comune per maiali pubblicata da un utente per denunciare il maltrattamento di questi animali: «Sepolti vivi perché malati e, quindi, inutili al consumo umano. Ammalati, a causa delle condizioni orribili a cui gli esseri umani li hanno sottoposti. …. evoluzione?». Il post, che ha superato le 7 mila condivisioni, non riporta tutta la storia della foto e del perché i suini sono stati sottoposti a tale pratica.

Indice:

La foto della fossa comune dei maiali foto 1

La stessa foto la troviamo in un articolo della BBC del 20 giugno 2000 dal titolo «Pig virus returns to haunt Malaysia» dove riusciamo a comprendere il contesto. La Malesia si era trovata a fronteggiare un focolaio di un virus mortale chiamato Nipah che aveva già ucciso oltre 100 persone nel 1999, portando dunque al massacro dei suini che ne erano portatori. Secondo quanto riportato dall'articolo della BBC, oltre un milione di esemplari erano stati abbattuti durante lo scoppio del primo focolaio e un cordone di sicurezza era stato predisposto al fine di evitare la diffusione della malattia dalle aree già colpite. Gli allevatori, di conseguenza, seppellivano i suini all'interno di fosse profonde nel tentativo di arginare l'epidemia.

La malattia da virus Nipah è endemica nell'Asia meridionale e ha colpito principalmente paesi come la Malasia - il virus prende il nome dal villaggio malese dove è stato scoperto per la prima volta -, Singapore, India e Bangladesh. Il tasso di letalità varia tra il 40% e il 70% e dipende dalla gravità del quadro clinico, ma nonostante l'impegno dell'epoca da parte delle autorità per la prevenzione alcuni allevatori non hanno rispettato gli standard di igiene necessari per proteggere gli animali dalla malattia, dando spazio a nuovi possibili focolai. Come sostiene l'utente su Facebook, gli allevatori hanno le loro responsabilità, ma è bene sapere che la scelta finale – piacevole o meno – è servita per evitare ulteriori danni nei confronti di altri esemplari e di altre vittime umane.

 

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