Legittima difesa, i magistrati contro Salvini. Il vicepremier avverte Di Maio: «Tieni i tuoi o salta tutto»
Il clima è incandescente dopo il nuovo scontro tra Matteo Salvini e l'Associazione nazionale dei magistrati. L'oggetto del contendere è ancora la legittima difesa. Mentre i magistrati esprimevano grande soddisfazione per il rinvio della discussione della riforma e si auguravano che non venisse più ripresa («non ne abbiamo bisogno e ha grossi profili di incostituzionalità»), il provvedimento veniva calendarizzato di nuovo dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Giorno fissato per la ripresa dell'esame in Aula alla Camera: martedì 5 marzo, quando riprenderanno le votazioni sugli emendamenti e sugli articoli della riforma. Dopodiché, il provvedimento dovrà tornare al Senato per l'ultima lettura. Un segnale chiaro, dunque, da parte del titolare del Viminale: il rinvio, nella sostanza, è da interpretare solo come un ritardo e di sicuro non compromette l'approvazione della riforma che – garantisce ancora una volta Matteo Salvini – «sarà legge entro marzo».
La precisazione è probabilmente indirizzata al presidente dell'Anm Francesco Minisci che si augurava appunto un «riinvio sine die» della discussione sulla riforma. «Sentire che l'Associazione nazionale magistrati dice: "non vogliamo che la legge sulla legittima difesa si faccia" è di una gravità assoluta – attacca Salvini -. Il presidente si candidi alle elezioni e si faccia eleggere dalla sinistra. Non penso spetti a un magistrato decidere quali leggi bisogna fare». E conclude piccato: «E poi saremmo noi quelli che mettono a rischio la democrazia».
«La legge andrà in porto e si limiterà alla tutela dell'aggredito», gli fa eco il ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno. «Il rinvio dell'esame alla Camera è legato solo a questioni tecniche», ha tirato dritto Bongiorno. E sulle polemiche sollevate dai magistrati: «Smentisco in modo categorico che si impedirebbe loro di fare le indagini».
Ma il titolare del Viminale deve vedersela anche con i malumori crescenti degli alleati di Governo che – nonostante abbiano tentato di accordarsi – devono fare i conti anche con la riforma sulle autonomie, due provvedimenti maldigeriti dai 5 Stelle. Non a caso, il rinvio di una settimana dell'esame alla Camera era stato deciso proprio per far calmare le acque ed evitare nuove tensioni nel M5s, in un momento già di crisi e incertezze, suggellato dai fallimenti registrati alle elezioni in Abruzzo e in Sardegna.
E i malumori, di fatto, potrebbero crescere realmente. Perché il testo – come annunciato più volte dalla Lega – resta blindato tanto che non è stato presentato alcun emendamento, nemmeno a firma M5s. Inoltre, che nel Movimento ci sia una manciata di dissidenti pronta a ostacolare il provvedimento e quindi a votare contro non è solo chiacchiericcio di corridoio.
Ma comunque si stratta di mal di pancia che non dovrebbero rappresentare una minaccia visto che i numeri sono dalla parte della Lega, con il voto favorevole di Forza Italia e FdI. Risultato che però forse Salvini non dà del tutto per scontato dal momento che, stando ad alcune indiscrezioni, avrebbe mandato un chiaro avvertimento a Di Maio: «Tieni i tuoi o salta tutto».
Aspre critiche al ministro dell'Interno e al titolare della Giustizia arrivano dal Pd: «Il guardasigilli ancora una volta non difende il principio dell'indipendenza della magistratura dagli attacchi di un personaggio come Salvini, che usa come una clava – con cinismo e nessun rispetto istituzionale – il suo ruolo di ministro dell'Interno».
«Salvini manganella la magistratura che sta esprimendo contrarietà a un provvedimento pericoloso e incostituzionale», afferma il deputato dem Walter Verini. «Nessun far west», rassicura subito il ministro Alfonso Bonafede. E garantisce: «Non vedo l'ora che venga approvata, è una legge in cui M5s e Lega si sono confrontati e hanno trovato un punto di equilibrio su una buona legge che va approvata».